Dopo il “settimo sigillo”, identificato appunto dall’album “The 7th Seal” (2006), i Death SS si sono presi una pausa (la band non si è mai ufficialmente sciolta, come sosteneva qualcuno) e ritornano ora con “Resurrection”, il loro ottavo album in studio.
I brani di “Resurrection” appartengono al recente passato della band e sono nati quasi tutti in circostanze piuttosto diverse, come ad esempio quelli scritti per colonne sonore. Benché ad un primo ascolto si possa notare una certa eterogeneità negli stili dei pezzi proposti, “Resurrection” è tipicamente un album Death SS al 100%, che riprende il tema orrorifico dei nostri, mostrando le diverse sfumature che la band ha convogliato nel proprio sound nel corso degli anni. “Resurrection” può essere visto quindi come una sorta di tributo che i Death SS fanno a sé stessi.
L’opener Revived (presentata tempo fa in un episodio de “L’ispettore Coliandro”), che parte con un drumming ossessivo, richiama vagamente un suono industriale presente già in alcuni dei passati lavori di Steve Sylvester e soci. Ottima opener che si caratterizza per un indovinato riffing di chitarra che dona il caratteristico stile martellante al pezzo.
Non mancano episodi squisitamente classici come la melodica The Crimson Shrine, veloce, potente e dotata di un ottimo coro supportato da backing vocals femminili, o The Darkest Night, song che richiama inequivocabilmente lo stile “horror-metal” tipico dei Death SS. Dello stesso stampo, ma con un piglio decisamente più aggressivo, la maligna Eaters: allo stesso modo di Revived, il riffing, moderno e incisivo, si stampa subito in testa così come il diabolico ritornello.
Il brano forse più atipico, nonché uno tra i migliori dell’album, è Ogre’s Lullaby (colonna sonora di “Paura 3D”), nenia horror quasi sussurrata e molto visionaria che ci porta nei meandri della mente di un pericoloso mostro! Davvero glaciale l’intro dalle tastiere che precede un lugubre riff di chitarra!
C’è spazio anche per momenti più intimistici e melodici come Dionysus o Star In Sight. In The Song Of Adoration i Death SS mettono in risalto la loro vena più epica e teatrale in nove spettacolari minuti di maestoso metallo supportato da un evocativo lavoro delle tastiere. Davvero un grande pezzo!
Alla fine la varietà di stili e umori presenti in “Resurrection” si rivela l’arma vincente dell’album, un lavoro che non annoia mai e che soprattutto mantiene sempre un’alta qualità in tutte le composizioni. Una “resurrezione” davvero ben riuscita! E ora non ci resta che aspettare una manciata di giorni per poter gustare lo spettacolo dal vivo della Santissima Morte!