Dodicesimo studio album per i Royal Hunt, successore di quel “Show Me How To Live” che ha segnato il ritorno del “figliol prodigo” DC Cooper alla voce.
Con questo “A Life To Die For”, i nostri decidono di mettere maggiormente in risalto l’aspetto più sinfonico e orchestrale della loro musica, evidenziando ancor di più la maestosità che da sempre caratterizza l’ensemble danese-americano.
Il disco si apre con la suite Hell Comes Down From Heaven, dall’incipit orchestrale solenne, che man mano lascia spazio al riff portante del brano, supportato comunque dalle “tastiere sinfoniche” del mastermind Andersen. La parte vocale di Cooper è davvero perfetta, in un crescendo che ci porta fino ad un coro bombastico. Scelta azzardata quella di aprire l’album con un brano di oltre nove minuti, ma la melodia e la presa del pezzo sembrano comunque dar ragione ai Royal Hunt.
Decisamente più soave e pacata la successiva A Bullet’s Tale, in cui però i cori sono sempre molto potenti e curati, e in cui si mette in evidenza il chitarrista Jonas Larsen con un solo vorticoso di stampo neoclassico.
Running Out Of Tears riporta in auge l’aspetto più rock e “allegro” dei Royal Hunt, pur senza rinunciare ai cori e alle orchestrazioni che sembrano predominanti in questo “A Life To Die For”.
One Minute Left To Live è il brano scelto come singolo e ci mostra il tipico trademark dei Royal Hunt, con le imponenti tastiere di Andersen protagoniste (anche in questo caso alternate con parti orchestrali) e con una melodia splendida ma tutt’altro che scontata. Davvero eccellente la prova vocale di Cooper. Anche Sign Of Yesterday è puro Royal Hunt style grazie a un coro che si stampa subito in testa e alla melodia classica delle tastiere.
Con Won’t Trust, Won’t Fear, Won’t Beg ritorna protagonista l’orchestra che riporta la melodia su sentieri più intimistici ed elaborati. Il ritornello è decisamente solenne grazie al solito ottimo lavoro di DC Cooper, che duetta con le voci del coro. Davvero superbo il cantante americano, che avrà modo però di superarsi nel finale.
La title-track, posta in chiusura, è davvero il summit di tutto il disco. Oltre otto minuti di musica in cui i Royal Hunt estraggono le loro carte migliori: l’orchestra si alterna nuovamente con le magiche tastiere di Andersen fino all’esplosione di un ritornello epico in cui Cooper, supportato da cori maestosi, mette in mostra tutta la sua classe. Uno stacco orchestrale precede il grandioso finale in cui viene perpetrato ossessivamente il ritornello, tra orchestra e cori, con un Cooper da pelle d’oca, che canta in maniera quasi operistica. Sublime!
“A Life To Die For” ci mostra cosa significhi essere una band di classe, come sono i Royal Hunt appunto: anche se il livello del disco non è sempre su picchi massimi (la title-track è un gradino sopra tutto), la bravura e la forza dei musicisti coinvolti, un songwriting sempre vincente e curato nei minimi dettagli, sanno fare la differenza.