Per chi come me resta ancora morbosamente affezionato a quei grandi capitoli che la storia del death metal melodico svedese abbia mai potuto partorire, insieme a pochi altri, quali “Subterranean”, “Lunar Strain”, “Whoracle”, “Colony”, ma soprattutto e sopra-tutti “The Jester Race”, disco che ho letteralmente consumato e che ogni singolo riff varrebbe l’acquisto di tutto il cd, è stato davvero un colpo al cuore imbattersi in “Reroute To Remain”, album nel quale gli In Flames hanno quasi del tutto stravolto il loro stile accostandosi a sonorità più moderne (eufemismo perché mi innervosisce, sul loro conto, usare quel termine inconsistente… sì proprio quello… nu-metal!).
Per chi spera che il quintetto svedese sia ritornato sui propri passi in seguito al disco-flop “Reroute To Remain”, dove una fetta di vecchi fan li ha disconosciuti, un’altra parte ha invece sperato in un episodio isolato della loro carriera, mentre altri ancora hanno iniziato ad apprezzarli proprio grazie a tale lavoro, denotando un passo progressivo verso un sound più moderno ed “orecchiabile”.. spiacenti (anche se non troppo, presto leggerete perché..) ma non è affatto così. “Soundtrack To Your Escape” è semplicemente, ma in veste assai migliorata, l’evoluzione del precedente lavoro dove finalmente la band ha le idee chiare su cosa voglia fare, matura a livello compositivo e bilancia la giusta dose di melodia senza però trascurare potenza e grinta, due elementi che in “Reroute..” erano fiacchi o non sviluppati a dovere.
Abbandonato quindi il passato, in buona sostanza, ci troviamo di fronte ad un metal estremamente attualizzato, arricchito talvolta da elementi elettronici, che scorre liscio senza nodi, che riesce a farci scuotere la testa ma anche a sognare nei suoi momenti più melodici e malinconici. Stilare un noioso track by track mi sembra abbastanza inutile perciò preferirei soffermarmi sui pezzi “di spicco” all’interno dell’album: sicuramente la opening-track “F(r)iend” che, dopo un brevissimo intro, parte sparata con un riff “incazzato” che non riesce a farci star fermi!
L’altalenarsi del cantato clean/scream/growl di un Friden in gran forma è ora limato dalle imperfezioni e acquisisce un tono più incisivo; rispetto agli altri pezzi è la traccia più dura e “death” metal. Balzo indietro con la memoria verso “Clayman” mentre ho ascoltato questa song (criticato e amato al contempo, io lo reputo validissimo e ha quei tre-quattro pezzi stupendi!), ma sono stata immediatamente riportata alla realtà dalla successiva “The Quiet Place”, che dovrebbe essere il brano di punta di “Soundtrack To Your Escape” (vi è anche un video allegato al singolo uscito qualche giorno fa nei music-store), diciamo che è la traccia che meglio si presta a rivestire questo ruolo: melodica, corale e grintosa, ma con un ritornello easy-listening che resta subito impresso nella memoria già dopo il primo ascolto. Tuttavia, seppure si dimostri abbastanza versatile, ciò non ne comporta un difetto e a mio avviso s’innesta senza dubbio fra le più riuscite canzoni dell’album.
Ma la vera “perla” è “My Sweet Shadow”, forse la migliore del platter, che unisce perfettamente il tipico In Flames melodic death style senza comunque omettere le soluzioni più elettroniche e moderne intraprese da un paio d’anni a questa parte.
Che dire, sebbene mi siano serviti diversi ascolti prima di poter stilare un giudizio a dovere, “Soundtrack To Your Escape” non metterà di certo a tacere le critiche dei fan più incalliti, che ormai dovranno definitivamente rassegnarsi e scegliere se accettare o meno questo cambiamento da parte dei loro beniamini: se “Reroute To Remain” ha rappresentato un’escalation verso il basso per la sottoscritta, “Soundtrack..” decreta, invece, la rinascita della sua amata band, considerata morta due anni fa, e piacevolmente riscoperta sotto mutate vesti.