I Zero Hour rappresentano per me una garanzia di qualità. Ho adorato i loro primi album, li ho letteralmente divorati, e ho fatto miei tutti i singoli complicati passaggi.
Scoperti per caso, sono diventati in seguito uno di quei gruppi di cui non riesco a fare a meno.
Mi chiedevo un po’ di tempo addietro che fine avessero fatto e me li sono ritrovati con un nuovo album intitolato “A Fragile Mind”.
La loro musica è sempre stata complessa, molto elaborata e ricercata, multiforme, imprevedibile. In una sola parola i Zero Hour sono semplicemente folli. Non guardano al mercato e se ne fregano altamente delle vendite volendo riversare tutta la loro pura creatività, senza intromissioni esterne.
I passaggi sono volutamente incasinati, volutamente tecnici, volutamente aggressivi. C’è poco spazio per la melodia e la dolcezza, preferendo quindi tentare di indurre l’ascoltatore a “psicoanalizzare” l’album. Anche perchè questo, come i precedenti, non è un album di facile presa, di semplice ascolto, da tenere in sottofondo durante altre attività. E’ un album che forza l’ascolto.
Del resto anche il titolo dell’album lascia supporre qualcosa del genere. Una “debole mente” viene sezionata in varie parti (“Brain Surgery”, “Losing Control”, “Twice The Pain”, “Destiny Is Sorrow”) colelgate tra loro e che quindi difficilmente si possono ascoltare separatamente.
Tema principale dell’album è la sofferenza, il dolore, la pazzia. Tutto viene ottimamente riversato in musica lasciando l’ascoltatore stordito dalla violenza della sofferenza che si percepisce, e nemmeno velatamente.
Psicotici quanto basta, il gruppo dei fratelli Tipton non è rimasto particolarmente ancorato ai due album precedenti, preferendo quindi sviluppare un metal progressivo meno canonico e più personale in cui l’ascoltatore rimane volutamente disorientato e indotto o apprezzarlo alla follia o odiarlo con disgusto. Non ci sono mezzi termini per un album del genere.