A due anni di distanza dall’omonimo album d’esordio ritornano i Battleroar con un nuovo disco, intitolato “Age of chaos”. Personalmente non ho avuto modo di ascoltare il debutto dei cinque greci e quindi non posso fare confronti, tuttavia questo nuovo lavoro presenta momenti d’incredibile epicità alternati a parti davvero noiose (anche se brevi).
Il genere proposto dal combo ellenico è un epic metal di vecchia scuola, con una registrazione piuttosto grezza e totalmente priva di tutti quegli “orpelli” di natura moderna che caratterizzano le releases di questi ultimi anni. Le canzoni create dai Battleroar viaggiano tutte su livelli qualitativi piuttosto alti, i riff portanti di chitarra sono maestosi e dannatamente aggressivi, ricordando i grandiosi Omen e Cirith Ungol tanto per fare alcuni nomi. Quello che proprio non riesco a digerire all’interno delle composizioni dei Battleroar, è la voce di Marco Concoreggi: a volte espressiva ed intrigante, altre volte la sua timbrica si dimostra talmente fastidiosa da farmi procedere all’ascolto del brano successivo. Ed è appunto il caso di pezzi come “Siegecraft” e “Tower of the elephant” che sebbene presentino momenti d’incredibile maestosità guerriera, sono rovinati da ritornelli ripetitivi e sterili, con una linea melodica che dopo un po’ diventa fastidiosa ed irritante. Eccezion fatta per questi due momenti, “Age of chaos” si dimostra ad ogni modo un disco interessante: si parte con l’acustica “The wanderer”, ispirata all’omonimo poema anglosassone, che vede come ospite speciale il leggendario Mark Shelton, cantante dei Manilla Road; si prosegue poi con un brano d’alta fattura quale “Vampire killer”, ispirato alla serie Castlevania, che sfodera un riffing battagliero che si piazza subito in testa assieme ad una prestazione vocale piuttosto buona di Marco. L’ascolto del disco raggiunge il suo punto di maggiore intensità con l’epica “Dyvim Tvar” e la “cavalcante” “Sword of Crom”, ispirata a Conan il Barbaro, ricorda molto da vicino i Manilla Road. Ma non è ancora giunto il momento di tirare il fiato in quanto ci troviamo davanti ancora due brani degni di nota: “Narsil (Reforge of the sword)” che liricamente ci racconta della leggendaria spada forgiata nuovamente per Aragorn durante la Guerra dell’Anello, e la veloce “Calm before the storm” che si rivela come il brano più variegato ed articolato di tutto questo nuovo disco. A conclusione di questo “Age of chaos” ancora un brano dannatamente ispirato che sembra volerci afferrare per mano e portarci lontano dai campi di battaglia, verso la pace e la tranquillità che spetta solo agli eroi: “Dreams on steel” è una tristissima ballad acustica che ci riporta indietro nel tempo, in un’era fatta di spade, armi ed onore.
Insomma, non c’è male per i Battleroar, anche se a volte l’interpretazione vocale di Marco lascia alquanto a desiderare. Consiglio questo disco a tutti gli amanti di Cirith Ungol, Omen e Manilla Road, sicuramente non ne rimarrete delusi.