Pur volendo risparmiare gli irritanti, retorici e scontati encomi celebrativi che usualmente sono rivolti al ritorno di un personaggio particolarmente significativo nel proprio contesto musicale originario, talvolta non ci si può esimere dal constatare come certi rientri siano sintomo di stabilità e salute per determinate formazioni. E’ questo il caso del ritorno del carismatico Karl Willets fra le schiere dei Bolt Thrower che, ritrovato il finalizzatore ideale per il semrpe ottimo lavoro collettivo, riescono a regalare alle scene un nuovo lavoro insospettabilmente piacevole, solido e fedele allo stile che li ha resi grandi.
Con un titolo dal retrogusto di dedica a chi da sempre li ha incondizionatamente sostenuti e supportati, i deathsters britannici lanciano tra le mani di quei “fedeli” un’opera che si pone, senza ombra di dubbio, tra le più positive della sua carriera. Forte di una ritrovata integrità sonora, il quintetto scolpisce un’opera in cui, pur armati di forte spirito critico, è molto difficile riuscire a trovare cali qualitativi. Sin dai primi episodi, infatti, il disco scorre senza intoppi con groove, fare diretto e personalità al termine dando conferma di smalto e forma davvero invidiabili.
Chi ha conosciuto ed ammirato questi lord del death ai tempi di “The IVth Crusade” non potrà fare a meno di riconoscere , nei riff di ‘Those Once Loyal’, la riesumazione dello stile convincente e coinvolgente che da sempre li ha identificati. Lasciatisi alle spalle i lenti, tediosi e stancanti mid tempo iterati fino al collasso della pazienza nel precedente episodio discografico, infatti, i Bolt Thrower (e con loro ogni brano) ritrovano la retta via delle sonorità mai easy ma sempre accattivanti. Insieme a livelli di aggressività costantemente apprezzabili fa la propria ricomparsa quella componente epica al limite del melodico che rende personalità e scorrevolezza ai pezzi senza l’esigenza di voler risultare fastidiosamente moderni a tutti i costi. Soluzioni pratiche e semplici ma non per questo facili da concepire che invitano ad essere riassaporate ogni volta che “When Cannons Fade” scandisce la fine.
Death old school che, tra richiami espliciti al passato (i più attenti ascoltino il riff d’apertura di “The Killchain”), uno spirito d’entusiasmo di proporzioni spropositate ed il già citato, graditissimo, ritorno, mostra candidamente come i Bolth Thrower dopo un paio di decenni abbiano ancora lezioni da dispensare e tutte le carte in regola per farlo.