I tedeschi Majesty raggiungono il traguardo del quarto disco con “Hellforces”, album che, sebbene non si allontani assolutamente da quello che è il classico stile della band, non riesce a bissare il successo del precedente “Reign in Glory”.
I brani proposti dai Majesty ci regalano nuovamente una massiccia dose di heavy metal che vede i Manowar ergersi come musa ispiratrice della band, assieme agli stessi Accept, rappresentati dalla figura di Udo come special guest nella finale “Metal law 2006”
Dalla loro nascita i Majesty ci hanno abituato ad un particolare sound fatto di cavalcate epiche, ritornelli cavallereschi e indiavolati tempi di batteria uniti a ottimi riff di chitarra e a una voce, quella di Tarek Maghary, assolutamente spettacolare e molto somigliante a quella di Eric Adams, soprattutto durate le parti più tirate e acute dei brani. “Hellforces” è un album maggiormente ragionato dove i nostri non pensano soltanto a creare un pugno di canzoni sparate a tutta velocità, ma cercano di variare continuamente l’andamento dei brani inserendo stacchi e parti melodiche ed acustiche che ben spezzano lo svolgersi del disco. Sicuramente bisogna segnalare l’opener “Hellforces” robusta e veloce song che ha il compito di far scatenare un mostruoso headbanging tra le mura casalinghe. L’influenza dei Manowar, come già detto prima, imperversa un po’ per tutto l’album e con la seguente “Dance with the demon” si è trascinati in un mid-tempo che molto assomiglia a “Warriors of the world united” fino ad arrivare a “March for the victory” altro brano che sembra uscire proprio dalla discografia di DeMaio e soci. “Sons of a new millennium”, singolo già apparso qualche mese fa, è un energico mid tempo fatto di riff cadenzati e massicci intervallati da un ritornello gradevole e che molto probabilmente sarà di grande impatto dal vivo. L’anima degli Accept viene fuori con la splendida “Like a raptor” brano melodico durante l’incedere della strofa ma scatenato durante il pre-chorus e il ritornello stesso grazie a riff di chitarra dannatamente metal! Da ascoltare assolutamente sono poi “Heavy metal desire” e “Guardians of the dragons call”: il primo è un brano power piuttosto veloce con un ritornello coinvolgente e che vede Tarek spingersi al limite con la sua voce, mentre il secondo brano mi riporta con la mente agli Hammerfall di “The dragon lies bleeding” e questo non può che farmi un gran piacere, visto il mio amore per il primo album di Dronjak e soci. Arriva poi la classica ballad e “Freedom hearts” ci concede alcuni minuti di tregua per un lento che comunque non si rivela nulla di eccezionale, mentre le restanti canzoni presenti nel disco, “Fight forever” e “Nowhere man”, abbassano leggermente il tenore di un album che fino ad ora era stato alto.
“Hellforces” è un disco di heavy metal classico che non mancherà di farvi esaltare con i suoi riff e con le splendide linee melodiche di Tarek, vero e incontrastato leader di tutto l’album. Se vi sono piaciuti i precedenti album dei tedeschi, comprate pure ad occhi chiusi questa nuova fatica, non ne rimarrete delusi.