Dato che negli ultimi mesi dello scorso sono usciti ben tre dischi che lo hanno visto darsi da fare dietro il microfono (il secondo capitolo a suo nome (“Conspirancy”), l’ultimo nato in casa Zeno (“Runaway To The Gods”) e naturalmente questo “Stronger”, secondo episodio in casa Rain), Michael Bormann non può certo dirsi un tipo a cui piace stare con le mani nelle mani. Non altrettanto può dirsi invece del gruppo norvegese fondato dell’ex Bangkok Babes Lars Forseth, uscito precedentemente nell’ormai lontano 2002 con un album, “House Of Dreams”, che aveva ottenuto discreti consensi pur senza brillare eccessivamente.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio” si dice, e mai come questa volta ci sentiamo di condividere. “Stronger” è infatti un album con delle buone tracce, melodiche e “acchiappone” quanto basta, ben suonate e ben prodotte, che non hanno però quel qualcosa in più che faccia la differenza e permetta loro di farsi notare nell’oceano delle centinaia di composizioni dello stesso genere che vedono ormai mensilmente la luce. Mid tempo granitici che faranno la loro buona figura in sede live (“Do You Like It”, “Insobriety”), altri più frizzanti (la quasi leppardiana “Flesh And Blood”), una spruzzatina dark e malinconica (“Get Over It”, che alla fine risulta comunque essere una degli episodi migliori del disco) e un elenco spropositato di tracce che faranno la gioia, a patto di riuscire ad apprezzare la loro totale immersione in un sound a tutti gli effetti teutonico, di chi rimpiange i Bon Jovi degli anni che furono.
Ascoltare tranquillamente senza sbadigli, ma anche senza sobbalzi, i quarantasette minuti del disco basta a giustificare la sufficienza? Forse, se non venisse a galla la voglia di staccare per ascoltare l’originale del New Jersey. I fan dell’ex Jaded Heart, quelli che non conoscono Sambora e soci o a cui non importa l’eccessiva somiglianza aggiungano pure un punto.