La mente che si cela dietro al progetto Slavior è di quelle che, in un modo o nell’altro, ha partecipato alla scrittura di pagine incredibilmente belle di storia musicale.
Mark Zonder, conosciuto per i suoi trascorsi da batterista nei seminali Warlord e nei grandissimi Fates Warning, tenta ora di battere strade nuove o perlomeno alternative a quanto di buono già fatto in passato, reclutando due assi come Wayne Findlay (Michael Schenker Group) alle chitarre/ tastiere e Gregg Analla (Tribe Of Gypsies) al microfono, quest’ultimo poi davvero camaleontico e coinvolgente nella sua performance vocale. Classica formazione a tre, dunque, per questo nuovo esperimento sonoro del talentuoso batterista americano, assolutamente a suo agio anche con sonorità del tutto moderne e fresche come queste in esame.
“Slavior” si dimena freneticamente tra due territori artistici in particolare: da una parte troviamo la matrice prettamente rock, sulla quale la band punta molto e con insistenza. Dall’altra, invece, troviamo un miscuglio non definito (e non definibile) di cross over, prog e funky, mescolati assieme con la classe e l’esperienze dei tre volponi del settore. Il risultato finale che ne è esce fuori è qualcosa di veramente particolare, difficilmente circoscrivibile ad uno qualunque dei settori conclamati del rock duro. Seguendo quest’ottica, come non tributare il giusto plauso all’estro ed alla fantasia del bravissimo Zonder, davvero ispirato e tentacolare dietro le pelli. La sua prestazione, fatta di continui e personalissimi cambi di tempo, soluzioni azzardate e ritmiche decisamente tecniche, dona a tutto il contesto in esame una vera e propria marcia in più. Se a questo, poi, si aggiungono la classe dell’ottimo Findlay e l’estrosità di un Analla in forma smagliante, ecco allora che il cerchio attorno a questo “Slavior” si chiude nel migliore dei modi possibili.
Molti gli episodi da segnalare in questo debut album, e tra i tanti sicuramente meritano un posto in prima fila l’iniziale “Origin” e la divertita “Dove”, in cui gli Slavior mescolano soluzioni tipicamente reggae ad aperture melodiche di grande effetto. Il resto del lavoro, per onor di cronaca, non accusa cedimenti di alcun tipo mantenendo sempre costante e riguardevole il rapporto tra quantità e qualità. In definitiva un ottimo disco, il quale non ha nulla da spartire con il glorioso passato musicale di Mark Zonder e che da esso, coraggiosamente, prende le distanze.