Che si ripongano tutte le speranze di un ritorno al passato. Sembra essere questo il messaggio di ‘From Dirt’, nuova fatica dei norvegesi El Caco, che non fa altro che confermare la spinta di allontanamento dallo stoner già ravvisata nel deludente ‘The Search’. Un’evoluzione digerita a malincuore da chi aveva apprezzato lo stupefacente esordio del trio in questione e che ora ha la sensazione di aver smarrito quei fenomeni da molti etichettati, a suo tempo, come eredi predestinati dei Kyuss.
Una delusione giustificata, cocente che, in fase di disamina, non può però offuscare il giudizio su un disco onesto e ben suonato a prescindere da ciò che è stato. Si parlava di evoluzione. Un termine forse fuori luogo e sicuramente abusato in un panorama musicale odierno che vive soprattutto di adeguamenti. Una tendenza odiosa, spesso “suggerita” da terzi che, nonostante ogni passo indietro compiuto, non coglie quei tre bravi musicisti che compongono la formazione scandinava. E’ così che lo stoner che fu si accompagna ad aperture nuove e ben dosate, talvolta accostabili al metal, più spesso vicine a grunge e rock moderno. La sensazione è quella di trovarsi al cospetto di un disco composto più di una decade fa: nessuna volontà di piacere subito, nessuna strofa ruffiana, nessun ritornello. Solo musica: sincera, onesta, sentita. E’ così che ci si trova al cospetto di un lavoro quanto mai equilibrato, molto più compiuto nel sound rispetto al suo predecessore. Sempre meno sonorità fangose e striscianti e sempre più “sentimento”, dunque, per una band che sembra aver trovato una sua nuova dimensione. Undici brani ben concepiti in cui le sempre intelligenti citazioni si sprecano numerose e ben dosate. Per la concezione strutturale già illustrata, che vuole impulso e passione sopra di tutto, il primo nome che viene in mente è quello degli Skin Yard con tutto il carico di attitudine (e poca musica) che un nome del genere simbolizza. Per il resto qualche riferimento al metal (Black Sabbath su tutti), molti Soundgarden e sempre meno Kyuss in un disco che vive di luce propria, sia essa fioca, sia essa poco pianificata. Un disco che, dunque, si rivela poco simpatico ed ancor meno immediato, restituendo, al pubblico che aveva seguito originariamente gli El Caco, una nuova beffa. Per gli altri che gli daranno una possibilità, quarantacinque minuti di buona musica, concepita volontariamente senza pretese. Rispettabile.
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