Crediamo in Dio. E’ con questo titolo che alla fine degli anni ottanta e diverse migliaia di album venduti tornano sulle scene gli americani Stryper, gruppo che in un certo senso ha rivoluzionato e contraddetto il famoso e stupido luogo comune secondo cui il Rock, e di conseguenza l’Heavy Metal, sono la musica del diavolo.
Infatti, andando controtendenza e utilizzando la religione (in maniera convinta o meno poco importa) i quattro yankee hanno sempre fatto parlare di sè distribuendo ai loro concerti versioni tascabili della Bibbia e sentendosi in dovere di far proseliti. Bisogna riconoscere al gruppo di aver reso famoso un genere detto Christian Metal cui tanti piccoli gruppetti si dedicheranno come loro missione con tanto di frasi nei loro testi estratti direttamente dalla Bibbia.
La musica, al contrario di quanto si possa pensare, è un metal fortemente canonico molto ben suonato che trova il suo punto di forza in taglienti riff e ritmi serrati. Rispetto però i precedenti lavori si ha un netto rilassamento cui ne farà seguito uno maggiore nel successivo Against The Law, un album prevalentemente rock che scontenterà i fan più intransigenti costringendo tempo dopo il gruppo allo scioglimento, per poi riformarsi nel 2003 pubblicando un Best Of prima e un album dal vivo successivamente; visto comunque un pubblico fedelissimo non proprio esiguo pubblicheranno un nuov album due anni dopo con sonorità decisamente più metal.
Tornando a In God We Trust troviamo dei veri e propri inni tra cui l’omonima canzone, semplice diretta e veloce, la cattivissima The Reign, ma anche dolcissime ballate come Always There For You e I Believe In You.
Il gruppo dimostra quindi quanto nulla abbia a che vedere la musica con una ispirazione divina o opposta, ma piuttosto quanto siano i contenuti a essere determinanti nella scelta di un proprio stile di vita, nonostante molto sia dettato più dal marketing che da reali convinzioni.
Il pubblico metallaro troverà in questo lavoro un’onestissimo Heavy Metal suonato con passione e voglia di far parlare di sè, con ottimi musicisti e un bravissimo cantante quale è Michael Sweet. Questo è un lavoro che seppur non facendo gridare al miracolo (per restare in tema religioso) riesce nell’intento di farsi ascoltare e memorizzare in maniera estremamente facile, grazie agli ariosi e efficaci ritornelli.