Il settore del progressive rock deve molto alla Svezia e alle sue compagini. Sin dagli anni ’70, di fatti, il paese nordico è stato (assieme all’Italia) tra le migliori fucine di talenti e tuttora continua a produrre album di altissima qualità.
Tra le rivelazioni dell’anno, dunque, spetta un posto d’onore proprio agli svedesi Beardfish e al loro incredibile ‘Sleeping In A Traffic: Part One’. Patrocinato dalla label leader del settore, la Inside Out, il terzo CD della band si presenta al pubblico caratterizzato da non poche reminescenze seventies (Gentle Giant, King Crimson, Genesis), incursioni in territori folk e una preponderante dose di personalità che, di questi tempi, è sempre ben accetta. Lo dimostrano episodi come ‘Year Of The Knife’, in cui i toni si fanno ilari e giocosi, ‘The Ungodly Sob’ e la sua voglia di sperimentare soluzioni innovative, ‘Roulette’ e la sua visione camaleontica della musica, fatta di intrecci ed elucubrazioni raffinate. Quello che stupisce di questo lavoro, comunque, non è tanto il tasso tecnico delle varie composizioni, decisamente alto, quanto la facilità con cui i Beardfish riescono a padroneggiare un songwriting spigoloso e ricco di insidie come quello di ‘Sleeping In A Traffic: Part One’. Senza essere mai stucchevoli, di fatti, gli svedesi si lanciano in lunghe digressioni strumentali che hanno il grande pregio di amalgamarsi a meraviglia con l’intero contesto sonoro, rendendo tutto l’album più scorrevole e fruibile. Anche quando i tempi si fanno lenti e le atmosfere più intime, come nella ballad ‘Dark Poet’, i Beardfish dimostrano di possedere classe e fantasia a profusione, puntando su incisi bellissimi e arrangiamenti a effetto. Ogni musicista, poi, si rende fondamentale all’interno del disco, alternandosi a meraviglia con i propri colleghi e permettendo al bravissimo Rikard Sjoblom di cimentarsi in una prestazione vocale da brividi.
La quintessenza del progressive rock, fondamentalmente, spalmata su oltre sessanta minuti di apprezzabilissima complicità ed eleganza.