Le commistioni tra generi diversi di musica sono sempre le benvenute, se fatte con cognizione di causa e con la coscienza dei propri mezzi. Al contrario, i minestroni mal mescolati danno risultati disastrosi, anche se è da tener presente che non è facile miscelare correttamente gli elementi di due o più generi musicali differenti. Ci provano i The Archetype, gruppo toscano che pare essere molto in sintonia con le sonorità tipiche del sound degli Opeth, visto il connubio tra death metal e progressive. Per carità, non stiamo parlando di un gruppo clone, ma il paragone regge e “The Fallen Grace” ne è il chiaro esempio. Ovviamente i fasti raggiunti dalla formazione svedese sono ancora lontani per questo quintetto, ma ci mancherebbe altro, visto che ci troviamo di fronte a quello che è il loro debutto, eppure certi passaggi mostrano una certa maturità che fa ben sperare per il futuro.
Purtroppo, però, il lato negativo dei brani contenuti nell’album in questione è la mancanza di groove. Sovente il ricercare la soluzione complicata ed anomala a tutti i costi porta a perdere il senso dell’orientamento e i The Archetype cascano in questo tranello più di una volta nel corso della durata di “The Fallen Grace” inseguendo il tecnicismo e lasciando da parte il valore intrinseco delle canzoni. Questo potrebbe essere un elemento di gioia per i fan delle sonorità più progressive e tecniche, ma per gli altri rappresenta un ostacolo non da poco e rende meno accessibile la proposta del gruppo toscano.
In definitiva non si tratta affatto di un disco da buttare, ma di un lavoro che presenta le tipiche immaturità di una band al debutto, quindi il consiglio è quello di aggiustare il tiro verso una proposta meno intricata e votata al complicarsi le cose. Fatto questo, bisognerebbe anche focalizzare l’attenzione sulle canzoni per permettere una migliore fruibilità delle stesse. Se questo avverrà allora ci troveremo di fronte ad una nuova promessa del panorama metal italiano.