Magazzini Generali – Milano
Un concerto degli Amon Amarth è esattamente come la Nutella o la birra: sai esattamente cosa aspettarti, ma sai anche che non ne faresti mai a meno perché non ne hai mai abbastanza. In questo senso la serata che ha visto protagonisti i cinque vichinghi (guai a chiamarli così in loro presenza!) svedesi si è rivelata un successo grazie soprattutto ad un pubblico più che partecipe e veramente accorso in massa, tant’è che le temperature all’interno dei Magazzini Generali hanno raggiunto vette piuttosto elevate. In questo senso si aggirava tra i presenti l’opinione che probabilmente l’Alcatraz sarebbe stata una scelta più fortunata per un concerto del genere, ma a parte questi dettagli bisogna dire che lo show è andato per il meglio. Ad accompagnare gli autori di Surtur Rising gli storici Evocationed i più giovani, ma non meno determinati The Black Dahlia Murder.
EVOCATION
Giunti solo nel 2007 all’esordio nonostante l’inizio della loro attività si perda nei meandri di un ventennio fa, gli Evocation sono i primi a calcare le assi dei Magazzini Generali e, va detto, svolgono un ottimo lavoro. L’audience risponde benissimo alle continue incitazioni dei cinque svedesi, i quali si stupiscono del riscontro ricevuto e ce la mettono tutta per offrire un grande show, cosa che sarebbero anche riusciti a fare, se non fosse per dei suoni che non hanno affatto reso giustizia alla proposta della band, mutilata nell’impatto delle chitarre, le quali escono dagli amplificatori impastate e mosce. Questo ai presenti non interessa e le prime file non mancano mai di lodare l’operato degli autori di Apocalyptic, i quali ripagano con sentiti ringraziamenti, strette di mano e tanto headbanging. Concluso il loro tempo gli Evocation lasciano il palco tra meritati applausi e cori d’incitamento. Ottimo risultato per una band d’apertura, seppur con tanta esperienza alle spalle.
Setlist
1 – Sweet Obsession
2 – Silence Sleep
3 – Angel Of Torment
4 – Feed The Fire
5 – Tomorrow Has No Sunrise
6 – Apocalyptic
THE BLACK DAHLIA MURDER
Tocca ora agli americani The Black Dahlia Murder non sfigurare di fronte alla performance dei loro predecessori e va detto che il compito è portato a termine con convinzione e grande coscienza dei propri mezzi. Anzitutto, come molte band ancora legate all’underground, la vicinanza ideologica al pubblico è rimasta intatta, il che vuol dire niente atteggiamenti da finta rockstar o mosse studiate a tavolino per impressionare. Il cantante Trevor Strnad è un vero animale da palco e non si risparmia in alcun modo nel vomitare sulla folla i suoi testi ed i compagni di gruppo fanno altrettanto per un riuscitissimo mix di deathcore e sfumature black che riscuote molto successo tra il pubblico.
Purtroppo anche nel caso della band di Waterford, Michigan, assistiamo ad un bilanciamento dei suoni a dir poco mal riuscito, cosa che dimezza il brutale assalto dei Nostri, anche se, come già successo con gli Evocation, il pubblico sembra farci poco caso e le prime file non mancano mai di incitare i cinque musicisti. Concluso il loro set, i The Black Dahlia Murder lasciano spazio agli attesissimi headliner della serata con un sorriso convinto stampato in volto e con la consapevolezza di essersi guadagnati ben più di un fan, stasera.
Setlist
1 – Everything Went Black
2 – Necropolis
3 – A Vulgar Picture
4 – Statutory Ape
5 – Moonlight Equilibrium
6 – Elder Misanthropy
7 – Nocturnal
8 – I’m Charming
9 – What A Horrible Night To Have A Curse
10 – Closed Casket Requiem
11 – Halloween
12 – Deathmask Divine
13 – Miasma
14 – Funeral Thrist
15 – I Will Return
AMON AMARTH
Il caldo soffocante e la marea di gente intervenuta rendono veramente insopportabile l’attesa per i cinque svedesi e, quando gli Amon Amarth si palesano sul palco il boato della folla li accoglie con grande gioia e trepidazione. Gli ingredienti per un bel concerto ci sono tutti e nel frattempo al banco del mixer qualcosa (anche se non proprio tutto) si è aggiustato, quel tanto che basta per far capire che l’assalto del quintetto farà male abbastanza.
Oltre a questo un Johan Hegg sornione e simpatico si apre spesso e volentieri ad improvvisati dialoghi in italiano con risultati tutto sommato ragguardevoli per uno svedesotto come lui. Ma la vera protagonista è la discografia dei vichinghi, i quali sciorinano uno dietro l’altro pezzi estratti dai loro lavori più recenti (For Victory Of Death e Destroyer of The Universe) e classici intramontabili del loro passato (God, His Son And Holy Whore ed il monumentale medley che ha visto affiancate in un colpo solo Victorious March, Gods Of War Arise e l’evergreen Death In Fire).
Dopo un’ora e mezza di performance, lo spettacolo si avvia alla sua naturale conclusione con The Pursuit Of Viking, pezzo che chiude la serata tra ovazioni ed i consueti lanci di plettri e bacchette alle prime file. Gli Amon Amarth si sono resi protagonisti di un ottimo concerto che, seppur penalizzato da suoni non esattamente ottimali, ha riscosso un grandissimo successo.
Setlist
1 – War Of The Gods
2 – With Oden On Our Side
3 – Destroyer of The Universe
4 – Masters Of War
5 – Live For The Kill
6 – Guardians Of Asgard
7 – Doom Over Dead Man
8 – Slaves Of Fear
9 – God, His Son And Holy Whore
10 – Varyags Of Miklagaard
11 – For Victory Of Death
12 – Victorious March/Gods Of War Arise/Death In Fire
13 – Twilight Of The Thunder God
14 – Runes To My Memory
15 – The Pursuit Of Viking
Come considerazioni finali, va detto che l’affluenza massiccia di persone, prevedibilissima, poteva rendere opportuno lo spostamento dello show in un luogo più adatto. Oltre a questo, i fonici hanno dovuto farsi in quattro per rendere più sopportabili dei suoni al limite dell’udibile, ma purtroppo i risultati non sono stati troppo soddisfacenti. Che dire? Attendiamo ora che i vichinghi tornino, come annunciato, per un nuovo tour in autunno e magari avremo l’occasione di vederli con un impianto sonoro meno impacciato.