Tornano a distanza di un annetto i torinesi Airborn con un nuovo album e sempre sotto l’ala protettrice di Piet Sielk in sede di produzione.
La band nostrana in questo lavoro si cimenta in alcune nuove soluzioni fortemente ispirate dal secondo solo album del nostrano Luca Turilli: effetti di missili, rumore del passaggio di astronavi, e altro condiscono la musica.
Sono state inserite molte più tastiere stile techno a supporto di una musica fortemente aggressiva e veloce rendendo il sound molto particolare. In diversi punti le tastiere sembrano molto da videogioco degli anni’80/’90. Delle volte non riesco proprio a sopportarle e delle volte le adoro. In questo senso sono molto combattuto, dipende molto dal momento.
Discorso a parte va fatto per la musica di base: il power metal degli Airborn è assoluto debitore a quello degli Iron Savior (il noto gruppo di Piet Sielk in cui ha anche militato Kai Hansen).
In altre parole, la musica proposto in questo lavoro è veloce, aggressiva e con un’attenta cura dei cori e dei particolari. Ottimi quindi il lavoro delle chitarre e della sezione ritmica, anche se mi lascia molto perplesso il suono della batteria. Troppo simile a una drum machine nelle parti più veloci.
L’album viene aperto con l’immancabile intro “Creation” cui segueno la veloce e grintosa “Survivors”, la più “spaziale” “Cosmic Rebels” (devo ammettere che gli effetti spaziali hanno reso bene l’idea di ribelli cosmici).
Proprio bruttino il pezzo di tastiera, come già accennato, molto da videogioco per un brano, “Extraterrestrial Life”, poco incisivo a differenza dei successivi “Dominators”,”Heavy Metal Wars” e “Firestorm”; brani semplici che si basano essenzialmente sull’impatto dei cori molto riusciti.
Quella dei cori è una caratteristica del gruppo torinese che punta tutto sull’immediatezza delle canzoni piuttosto che ricercare maggiore complessità compositiva ed esecutiva.
Più ricercata è la soluzione della strumentale titletrack “D-Generation”, che credo prenda un po’ in giro la società storpiando X-Generation e facendolo diventare generazione D o di degenerazione, basata su un tappeto di tastiere e soli di chitarra, per la verità molto semplici e poco incisivi.
Insieme a “Dominators” le successive “War Is The H-Word” e “Wired Dreams” si candidano a migliori brani dell’album con dei soli di chitarra più elaborati ed efficaci nonostante i brani in sè siano un power piuttosto canonico.
Molto bella la melodia dolce e delicata della lenta “Zed” dal forte sapore commerciale che fa da preludio alla veloce e diretta “Crystal Skulls”.
L’album viene chiuso dal semplice outro “Regeneration”, anche se non mi ha dato molto il senso di rigeneratione.
In appendice all’album è stata inserita la cover del brano dei Blue Oyster Cult “Astronomy”. Lascio al singolo fan giudicare la cover: ognuno inevitabilmente gli attribuirà un giudizio a seconda di quanto adori i Blue Oyster Cult. Io resto sempre per delle cover rese in maniera molto personale, altrimenti non sono cover ma sono solo canzoni risuonate.
E credo che gli Airborn l’abbiano resa abbastanza personale.
Quest’album l’ho apprezzato meno del precedente. Il lavoro di tastiere eccessivamente ricercate con svariati effetti ha, dal mio punto di vista, minato non poco il mio giudizio.
Resta ben inteso che la struttura base delle canzoni, quella power per intenderci, mi è piaciuta molto.