Primo album su major per gli Amorphis, e per fortuna la tanto temuta “commercializzazione” non e’ avvenuta. “Far from the sun” e’ infatti un disco coerente con lo sviluppo della band e il tipico sound dei nostri e’ riconoscibilissimo ed evidente (e soprattutto senza “aggiustamenti” atti a rendere il disco piu’ commercia(bi)le), i 10 brani che compongono questo lavoro sono infatti una specie di mix tra il vecchio “Elegy” e il precedente “Am universum”. La voce e’ ancora pulita, diciamolo subito, e in linea con quanto sentito sugli ultimi due dischi, tuttavia la parte strumentale recupera molto della durezza e del folk che caratterizzavano “Elegy”, mescolandolo alla psichedelia e alle atmosfere settantiane dei dischi successivi (il tutto e’ poi condito dalle usuali atmosfere “orientaleggianti” alla Amorphis, vero e proprio marchio di fabbrica della band). Il risultato non e’ per nulla male (e la produzione “potente” aiuta non poco in questo)…
L’opener “Day of your beliefs” lascia subito sbigottiti, un arpeggio acutisco “epico” tipicamente Amorphis apre il brano, per poi venire ripreso dalle elettriche in un boato fragoroso ed energetico, sul quale si staglia la voce, pulita e con un retrogusto “triste”, ma decisa ed arrabbiata. Un capolavoro senza mezzi termini, idee molto buone rese in maniera ottimale che rendono il pezzo una delle migliori canzoni sentite in questa annata, nonche’ uno dei picchi della band stessa!! Peccato che il resto del disco non si mantenga su questo livello (e l’alternarsi di canzoni molto valide e di brani piu’ mediocri e’ un difetto che gli Amorphis avevano gia’ mostrato in passato…).
Ci sono infatte altre composizioni decisamente buone, come la title track, dotata di atmosfere molto sognanti e psichedeliche (bellissimo l’Hammond accoppiato alle chitarre dal caratteristico suono “orientale”), oppure “Evil inside”, in cui il tipico sound orientaleggiante della band e’ rivisto in chiave piu’ moderna (con tanto di voci filtrate), tuttavia non sono assenti neanche tracce decisamente meno riuscite, come “Killing goodness”, che annoia durante quasi tutta la sua durata (a parte lo stacco con l’Hammond), “Higher ground”, molto orientale e pesante per un risultato stancante, ed infine la conclusiva “Smithereens”, lento che vorrebbe essere dolce e un po’ triste ed invece e’ un po’ ridicolo…
Rileggendo mi rendo conto che finora sembra che i pezzi “sbagliati” siano piu’ di quelli riusciti, invece a rinforzare le fila dei “buoni” ci sono anche “Planetary Misfortune”, intreccio di parti piu’ furiose ed altre piu’ rilassate, ed “Ethereal solitude”, che come dice il titolo e’ molto eterea ed atmosferica. Restano infine fuori “Morning soil” e “God of deception”, due piacevoli brani che si collocano nella media, il secondo di poco migliore del primo.
Insomma, questo disco degli Amorphis e’ interessante e piacera’ sicuramente ai fan della band (e anche a parecchi altri, suppongo), tuttavia e’ evidente quanto la seconda parte dell’album (che contiene quasi tutti i brani peggiori) sia inferiore alla prima, e questo ha abbassato un voto che poteva essere piu’ alto…