Quando “A Fine Day To Exit” uscì, nel 2001, sorprese abbastanza il pubblico metal. Fu infatti il disco con cui gli Anathema si distaccarono del tutto dal metal (che nei dischi precedenti si faceva sempre sentire nonostante il cammino della band portasse sempre più lontano da questo genere… come dire, la svolta era nell’aria da un po’ ma quando è avvenuta ha comunque scosso…) per passare al rock o, se vogliamo, all'”alternative rock”. La cosa sorprendente fu che però, a differenza di quanto successo spesso ad altri gruppi in situazioni analoghe, molti apprezzarono questo lavoro (e per fortuna aggiungo, perchè il disco merita e sarebbe un peccato perderselo per motivi di “fede metallara”). Detto questo va sottolineato subito quanto “A Fine Day To Exit” sia un disco strano, a prima vista infatti sembra molto “easy” ma in realtà è più complesso di quanto sembri e richiede non pochi ascolti per essere assimilato, fosse anche soltanto per la varietà dei suoi contenuti (in questo senso probabilmente si sono fatti sentire i cambiamenti di lineup, con la fuoriuscita tutt’altro che serena di Dave Pybus e l’entrata a tempo pieno di Les Smith). Non è forse sbagliato infatti affermare che probabilmente questo è il lavoro più vario degli Anathema… per esemplificare quanto detto, ascoltando il cd si va da un pezzo come l’opener “Pressure”, una canzone che ricorda tantissimo i Radiohead dei primi lavori (il che scandalizzò parecchio all’epoca, tra l’altro penso che se questa traccia fosse stata messa in una posizione diversa in scaletta avrebbe fatto parlare molto meno di sè per via del presunto “clonaggio”… inoltre di “Pressure” era stato anche girato un video che fu rifiutato dalle reti che invece trasmettono i video dei Radiohead, quindi tutto sommato vuol dire che qualche differenza c’è nonostante la palese influenza…) a “Panic”, una sfuriata quasi punk dal testo nonsense e dai ritmi accattivanti e un po’ malati, passando per “Barriers”, brano decisamente atmosferico e inquieto cantato da Danny Cavanagh e da Lee Douglas (sorella del batterista già sentita su “Parisienne Moonlight” in “Judgement”), e “Temporary Peace”, una bellissima canzone che ricorda non poco quello che descrive: un momento di serenità. In questo cd sono poi racchiuse anche “Release”, forse la mia canzone preferita contenuta in questo lavoro, un pezzo che parte tranquillo e lentamente diventa sempre più inquieto sino a sfociare in una sfuriata (comunque “contenuta”) che poi si ricalma, “Underworld”, una canzone anch’essa inquieta ed irresistibile che si infila subdolamente nell’ascoltatore con la sua “stortezza”, “A Fine Day To Exit”, poco meno di 7 minuti di brividi che mettono in musica la sensazione che si prova dopo essere sopravvissuti a qualcosa, quando ci si trova di fronte ad un nuovo inizio, consapevoli di essere sopravvissuti ed attaccatissimi alla vita, ma allo stesso tempo smarriti e un po’ storditi di fronte ad un nuovo inizio… Un po’ deludente è invece “Looking Outside Inside”, che parte bene ma si sviluppa poi in una maniera non del tutto riuscita, mentre invece “Leave No Trace” fa il contrario, diventando più convincente lungo il suo svilupparsi. Va citata infine anche la ghost track dal sapore country…
Insomma, “A Fine Day To Exit” è un album molto vario e pieno di umori diversi, apparentemente semplice ma in realtà profondo e da assimilare col tempo. Se vi piacciono gli Anathema non potete non farlo vostro, se vi piace l’alternative rock pure. E se pensate che questo disco sia una svolta commerciale, beh, penso che gli Anathema non avrebbero di certo avuto problemi di vendite facendo uscire cloni di “The Silent Enigma” o di “Alternative 4” (vedi “Judgement”, lavoro buono ma che ritengo comunque inferiore ad “A Fine Day To Exit”), mentre invece hanno rischiato non poco con questa evoluzione. Rifletteteci.