“Judgement” e’ un album nato in un momento molto particolare per gli Anathema… la rottura con Duncan Patterson (sostituito da Dave Pybus, che avra’ poi con la band un rapporto molto ambiguo e conflittuale), la morte della madre dei fratelli Cavanagh (alla quale e’ dedicato l’album) e il passaggio dalla Peaceville alla Music For Nations, questi sono tutti elementi che sicuramente hanno avuto un ruolo importante nella composizione di questo album (inciso, tra l’altro, in Italia a Ventimiglia), album che e’ probabilmente il loro maggior successo “extra metal”, per via della risonanza che il lavoro ha ottenuto in campo “alternative”. Risonanza che non e’ pero’ troppo giustificata dal punto di vista qualitativo in quanto il lavoro, pur essendo molto interessante, non e’ di certo l’apice artistico di questi ragazzi, soffrendo di una tracklist un po’ altalenante, contenente diversi brani meno riusciti di altri.
“Judgement” poi e’ venuto dopo “Alternative 4”, e la cosa si sente… l’album infatti non ha le stesse sonorita’ del precedente lavoro, ma l’ombra di questo si staglia su tutto il disco in maniera pesante. Non prendete pero’ queste critiche in maniera troppo dura, perche’ nonostante quanto detto “Judgement” rimane un disco di alto livello… l’opener “Deep” per esempio e’ un pezzo bellissimo, forse uno dei migliori brani in assoluto della band, con quella voce triste che e’ accompagnata da acustiche ed elettriche che si alternano in maniera magistrale creando atmosfere e melodie davvero incantevoli, peccato che con la successiva “Pitiless” si noti gia’ quell'”altalenanza qualitativa” del disco di cui parlavo prima! Non che questo pezzo sia brutto, chiariamo, ma se paragonato con quello che lo precede la differenza risulta evidente (la violenza di questo brano risulta meno amalgamata alla dolcezza, mentre nel pezzo precedente la fusione era riuscita benissimo).
“Forgotten Hopes” e’ invece una canzone piu’ pacata, meglio di “Pitiless” ma non ai livelli di “Deep”, restando un pezzo che molte altre band vorrebbero saper scrivere, ma che non risulta tra le gemme dell’album. “Destiny Is Dead” e’ un intermezzo strumentale che porta a “Make It Right (f.f.s.)”, e qua le cose si fanno di nuovo parecchio interessanti per via di una fusione ancora una volta perfettamente riuscita tra potenza e malinconia. Le tastiere si amalgamo con naturalezza alle chitarre, la voce e’ espressiva al meglio e le atmosfere ricreate risultano fredde e distanti, ma allo stesso tempo personali e molto “sentite”, e questa e’ un po’ la caratteristica principale di tutto l’album (ben rappresentata dalla copertina, tra l’altro).
Non ci si e’ ancora ripresi dall’emozione che sulle scene irrompe “One Last Goodbye”, pezzo dedicato da Danny alla madre scomparsa, una delle canzoni simbolo degli Anathema, un concentrato di emozioni tristi ed avvolgenti, malinconiche e dolci, lo stomaco non puo’ non stringersi durante l’ascolto di queste note… “Parisienne Moonlight” e’ poi una breve traccia dove un pianoforte accompagna le voci di Lee Douglas (sorella del batterista) e di Danny (che si cimenta col cantato al posto del fratello Vincent), il risultato e’ davvero notevole e l’album continua a rimanere su livelli molto elevati.
Anche la title track non delude, con il suo crescendo che porta da sofferenti chitarre acustiche accompagnate da una ancora piu’ sofferta voce ad un’esplosione sonica di chitarre elettriche decisamente notevole! La successiva “Don’t Look Too Far” e’ un pezzo un po’ strano, piu’ interessante nel ritornello (dove torna fuori la voce di Lee Douglas) che nelle strofe, a riprova del fatto che gli Anathema amano sperimentare anche in un disco che sembra molto legato al lavoro precedente. “Emotional Winter” e’ poi un lungo pezzo dalle atmosfere un po’ psichedeliche, si lascia ascoltare ma sfigura rispetto a quanto sentito fino a poco prima, il fatto di essere poi seguito da “Wings Of God” (la composizione piu’ lunga e meno riuscita del disco) non aiuta di certo… ed e’ proprio quando sembra che il disco si stia un po’ perdendo che arriva quella “Anyone, Anywhere” che dimostra ancora una volta quali siano le capacita’ della band! Questo pezzo inizia con un arpeggio bellissimo e decisamente adatto a sottolineare le parole “No one seems to care anymore as i wander through this night all alone, no one feels the pain i have inside looking at this world through my eyes”, il che dovrebbe dirla lunga sulle atmosfere che si respirano in questa canzone, che sul finale pero’ diventa piu’ calda, a rappresentare un rialzarsi dalla situazione descritta all’inizio, senza pero’ perdere la malinconia…
Il disco infine si chiude con “2000 & Gone”, una lunga e bella strumentale dal feeling positivo e caldo, quasi a riequilibrare un album che finora si era mostrato molto freddo e triste, ma si sa che gli Anathema hanno sempre dimostrato un grosso attaccamento alla vita, pur trattando degli aspetti piu’ tristi di essa…
Insomma, “Judgement” e’ un altro grande lavoro di questi ragazzi, sicuramente non il loro disco migliore, ma degno comunque di essere ascoltato ed imperdibile per tutti coloro che apprezzano la band (ed anche per chi ama la musica “calda e triste allo stesso tempo”). Penso che Helen Cavanagh sia soddisfatta dell’ “ultimo dono” che i figli le hanno voluto dare, e con questo non dovrebbe esserci bisogno di dire altro…