Tornano gli Ancient Bards con il loro secondo full-length album. I nostri riprendono la “Black Crystal Sword Saga” iniziata coi precedenti lavori. Le coordinate musicali degli Ancient Bards sono nuovamente quelle di un power metal sinfonico, forte debitore dei “maestri” Rhapsody Of Fire. In questo “Soulless Child” registriamo però trame leggermente più cupe rispetto al precedete “Alliance Of The Kings”. Ancora una volta la spina dorsale del sound degli Ancient Bards sono le tastiere del leader Daniele Mazza, che creano atmosfere epiche e sinfoniche, coadiuvate dalle orchestrazioni.
I primi brani di questo disco, To The Master Of Darkness, Gates Of Noland e Broken Illusion, nonostante le intricate trame sinfoniche, sono all’insegna dell’immediatezza, grazie a cori epici che rimangono subito in testa, e a una ritmica trascinante. Gli intermezzi orchestrali interrompono le cavalcate della batteria. Ottimi i solo di tastiere e chitarre, che oltre che per una certa tecnica, si fanno apprezzare anche per un discreto gusto.
Molto interessante anche All That Is True, brano lungo ed epico, dalle diverse sfaccettature: dopo un cantato rilassato e dolce subentrano cori solenni che donano a questa composizione i tipici connotati cinematografici cari a questo genere di musica. Lo stacco orchestrale centrale è davvero epico e lascia spazio a degli ottimi solo di chitarra. La prova del gruppo è molto buona, anche se, a mio avviso, la cantante Sara risulta molto più efficace su tonalità medie, mentre appare un po’ troppo forzata sulle note alte.
Valiant Ride ci riporta sui sentieri più canonici del power sinfonico, ma si fa molto apprezzare per il gusto melodico e per i bei cori. La title-track riprende il mood tipico dell’album evidenziando però delle atmosfere oscure che erano praticamente assenti nel primo disco. Sicuramente uno dei pezzi migliori di “Soulless Child”.
Il brano che però mi ha più colpito favorevolmente è Through My Veins, speed-song selvaggia che vede duettare Sara con una voce maschile che mi ha ricordato il timbro di Marco Hietala dei Nightwish. Pezzo trascinante che alterna momenti di calma apparente a sfuriate in doppia cassa, davvero ben congegnato. Il disco si chiude con Hope Dies Last, il brano più lungo dell’album che richiama a sé tutti gli elementi tipici degli Ancient Bards, riprendendo il tema più epico ed oscuro che sembra essere il nuovo colore nel sound della band.
In definitiva questo “Soulless Child” si rivela essere un disco più che discreto, ma a mio parere manca ancora qualcosa agli Ancient Bards per raggiungere il top: ad esempio mi piacerebbe sentire le due chitarre protagoniste anche i sede ritmica oltre che in fase solista. Come già detto, la cantante Sara non è ancora del tutto padrona dei propri mezzi. Piccole ombre che se smussate potrebbero innalzare ancor di più il potenziale degli Ancient Bards. Per adesso disco comunque consigliato agli amanti del genere.