Ci risiamo! O meglio, non ci siamo proprio!
Il nostro buon André, dopo lo split con gli Angra, difficile crederci visto quanti anni son passati, non ha ancora trovato la sua dimensione!
Dopo gli altalenanti dischi con gli Shaman (mettete le “a” a vostro piacimento), e un appena discreto disco solista, “Time To Be Free”, torna nuovamente con questo “The Turn Of The Lights”, successore dello scialbo “Mentalize”.
Il nuovo disco, da poco uscito in Europa, segue la scia del suo predecessore: ci troviamo di fronte ad un album ben suonato, ben prodotto, formalmente curato sotto ogni punto di vista. Cosa c’è che non va, direte allora? Beh, quello che propone Matos è un power che talvolta sconfina (leggermente) nell’heavy più classico e nel progressive. Il problema principale del cantante brasiliano, a mio modesto parere, è il songwriting: ha detto e dato tutto il meglio di sé con gli Angra, e prima ancora con i Viper, esaurendo già tutte le cartucce migliori!
Quando ho terminato l’ascolto di “The Turn Of The Lights”, ho premuto di nuovo play e ho ricominciato daccapo: cosa mi è rimasto in testa? Noia e qualche sbadiglio! Delle 11 canzoni del disco nessuna che mi colpisca per una bella melodia, per qualche arrangiamento o parte vocale indovinata. Tutto all’insegna della mediocrità, senza niente di particolare da segnalare.
Ormai non mi bastano più musicisti validi, una buona produzione, gli arrangiamenti super curati: o mi sai catturare con qualcosa di particolarmente azzeccato, o il disco finisce, tempo zero, nel dimenticatoio.
C’è anche da evidenziare un vistoso e preoccupante calo da parte del cantante carioca: se prima la sua voce ci stupiva con vocalizzi mirabolanti, da degno funambolo delle corde vocali, oggi si è assottigliata sempre più, quasi a sparire nelle note alte. Rimane ancora discreto nei toni medi, mettendosi però in fila assieme ad altri cento, mille cantanti “normali”.
Mi dispiace essere così duro con un arista che mi ha regalato momenti e dischi meravigliosi, ma purtroppo quei tempi fanno parte ormai del passato remoto.
Forse ad André Matos servirebbe una vera band, formata da quattro o cinque teste pensanti, in cui ci si possa confrontare e, perché no, anche scontrare, per creare della musica che non sia solo una formale successione di note, ma che raggiunga anche il cuore dell’ascoltatore.
Per quel che mi riguarda, nuovamente bocciato.