Partono le prime note e già il trio britannico si identifica come fautore di un hard rock qualitativamente elevato.
Le songs si susseguono con ritmo e coinvolgendo l’ascoltatore per tutto l’album in un crescendo di emozioni degne del genere cui appartengono.
Il singer Pete fa un uso ottimale delle corde vocali sia nei brani standard come “Superstitious woman” e la title track “World on fire”, sia nelle ballads “Hush – a – bye” e “Weapons for self-expression” senza però spingersi a vette di particolare intensità.
Ottima anche l’esecuzione musicale, priva di imprecisioni o approssimazioni, regalano emozioni profonde gli assoli creati ed eseguiti in modo da inserirsi perfettamente nel contesto della canzone.
Nell’insieme gli Angel House regalano un primo album di piacevole ascolto, ma ancora acerbo, che svela le giuste premesse per qualcosa di ancor più grande nei prossimi lavori: la tecnica c’è, la passione anche e le idee non mancano, un po’ più di capacità di osare e il loro posto nell’olimpo delle band storiche non glie lo toglie nessuno.