La scalata è completa. A questo punto il fiato verrà via a chiunque proverà ad addentrarsi in spiegazioni tecniche e compositive legate al nome Arcturus, tagliato dall’incantesimo pronunciato dalla band norvegese attraverso “Sideshow Symphonies”.
Superfluo guardarsi alle spalle per cercare un appiglio comparativo, nella carriera della band, attraverso il quale dettare vaghe somiglianze e chiarire le idee; assolutamente inutile guardarsi intorno nell’aridità di una concorrenza musicale che al cospetto giocherebbe il ruolo di deserto attorno ad una sterminata oasi di pathos, passione ed arte. Un capolavoro brillante di una luce propria ed assolutamente personale in cui ognuno dei nove episodi contenuti assume una tonalità diversa ma organica con gli altri andando a creare un’aurea delicata ma omogenea, soffice ma corposa, unica come ogni oggetto toccato dall’incantesimo sopra citato.
Le sinfonie maestose che si sfidano nel tappeto emozionale esclusivo che pervade le composizioni, rimandano a tempi e luoghi non attuali, forse antichi, forse futuri, forse frutto delle sognanti menti che lo hanno concepito. Menti che, per i tre anni di gestazione del disco, sembrano essersi isolate da qualunque agente ne potesse influenzare l’operato nella ricerca e nella sperimentazione che, come da tradizione Arcturus, giocano il ruolo del leone all’interno di ogni composizione. Con maestria questi musicisti riescono a cosruire melodie che progressivamente si sfidano, cooperano e si sovrappongono in climax sinfonici che riescono a trasmettere, oltre alla maestosità ed alla statuarietà in esse insite, anche un senso di completezza artistica e materiale. Non c’è, infatti, un secondo che riesca ad estraniarsi dallo strettissimo e saldo quadro di suoni creato attorno all’operato del neo-acquisto Vortex e ai limiti di uno stile vocale pulito, malinconico e quasi beffardo che, pur stucchevole e meccanico se esaminato individualmente, riesce a sembrare maledettamente perfetto per il fine globale dell’opera. Un’opera in cui, dunque, ogni singolo elemento ha l’apparenza di essere stato partorito da una dinamica coordinazione innata nelle menti dei componenti del gruppo, impotenti di fronte all’incantesimo da essi stesso pronunciato e quindi incapaci di cantare stonati nel coro.
Una magia unica ed indipendente dai gusti musicali dalla quale, pur accostandosi con un approccio passivo, si viene conquistati gradualmente e senza chance di poter invertire la rotta. Il panorama sull’universo annebiato in copertina è una perfetta e affascinante cartolina da “Sideshow Symphonies”: un mondo fantastico, in cui almeno una volta nella vita è consigliabile presenziare, raggiungibile con il solo dono di un palato fine e tanta voglia di sognare.