Gli Argar si sono fatti pregare parecchio, ma finalmente il loro nuovo album è cosa fatta. Pochi sono i gruppi che hanno sempre creduto, e continuano a farlo, nell’aiuto della sinfonia: Lunar Aurora, Old Man’s Child, pochi altri; gli Argar sono tra quelli. Gli spagnoli, dopo averci donato un capolavoro assoluto e figlio prediletto del padre di tutti i lavori sinfonici ‘In The Nightside Eclipse’ degli Emperor, ossia ‘Cwm Annwm’, non si riciclano pur non cambiando nemmeno direzione. Il cantato lacerante in stile Burzum, il riffing graffiante e prodotto in maniera glaciale sono sempre presenti, le tastiere anche, ma stavolta sono messe più in sordina rispetto al passato. Alcune canzoni sono ad alti livelli, non quelli della release precedente, ma gli Argar sono pur sempre riusciti a fare un graditissimo album black metal. I riff sono davvero elementari, ma si sente che sono suonati con rabbia e convincono pur nella loro semplicità. Quello che ha di magico questo album è quell’atmosfera notturna che nasconde qualcosa di sinistro che nemmeno i raggi di luna possono illuminare. Inquietudine ed oscurità, ecco il senso opprimente che trasmette questo lavoro, capace però anche di regalare aperture inattese verso i più alti punti del cielo stellato di una fredda notte. Se è giunta l’ora per il black metal sinfonico di rinascere allora è bene iniziare a mettere la prima pietra: ‘Grim March To Black Eternity’.