Qualcuno mi aiuti a far luce su quello che sta succedendo in casa Fear Factory. Perché se questi sono i risultati, meglio che si decidano in fretta sul da farsi perché così è meglio che se ne stiano tutti a casa a fumarsi una sigaretta e bersi una birra sul divano.
Da una parte il nuovo “idillio” fra Dino Cazares e Burton C. Bell, con un nuovo progetto appunto a nome “Fear Factory”, con il primo che nel frattempo pubblica un nuovo album coi Divine Heresy davvero scialbo e scadente rispetto al debutto, complice un cantante davvero non all’altezza.
Dall’altra eccoci a commentare il nuovo gruppo di Christian Olde Wolbers e Raymond Herrera, che vanno a raccattare letteralmente due ragazzi dei Threat Signal, ovvero il cantante e il bassista, e vanno a formare gli Arkaea, combo che dovrebbe addirittura suonare pezzi concepiti dal duo di musicisti per quello che avrebbe dovuto essere il nuovo album dei Fear Factory, quelli post abbandono del buon Dino ovviamente.
Dopo aver scoperto però che i due ex bandmates stanno usando il nome della band madre senza averli interpellati o coinvolti, ecco una bella causa legale improntata, per avere riconosciuti i diritti sul monicker. Ditemi voi se queste sono delle condizioni ottimali per pubblicare del nuovo materiale, sia da una parte che dall’altra.
Come volevasi dimostrare infatti ecco che il fantomatico debutto degli Arkaea è un vero e proprio flop senza mezze misure. Credetemi, quando dico che non c’è nulla da salvare non esagero.
E se pensate che l’unico aspetto che spicca in positivo è quello della produzione, capirete che non ci siamo proprio. Visto che ormai il fatto di pagare un produttore super capace e preparato è prerogativa di un po’ tutte le band, anche le più giovani ed inesperte.
Il punto più basso e triste, “Years In The Darkness” lo tocca in alcuni ritornelli, dove la voce melodica e mielosa del singer, unita alla chitarra che, scusate il gioco di parole, gli da corda, fanno sembrare i brani come dei cloni degli ultimi, udite udite, Linkin’ Park! Pazzesco, davvero inappropriato ed inadeguato per una band che dovrebbe suonare in teoria del buon metal estremo, come i suoi musicisti hanno sempre fatto in passato, invece si limita a proporre un ibrido senza senso che tende a voler a sua volta imitare tutto quello che va di moda nella frangia più commerciale del metal in generale, ovvero strofe più “cattive” e i soliti ritornelli super melodici buttati lì senza capo né coda. Un vero peccato, visto che stiamo parlando di due artisti che una parte della storia del metal estremo hanno contribuito a scriverla, specialmente negli anni novanta.
Altra tegola è sicuramente la singola prestazione sia di Raymond che di Christian, davvero sottotono entrambi. Specialmente il primo, che ci aveva abituato a performance mostruose, non regge minimamente il confronto con Tim Yeung dei Divine Heresy, che anche se come già detto non hanno convinto pure loro, hanno a favore una piovra dai mille tentacoli che devasta il proprio drumkit con perizia e maestria. Il buon Herrera invece, forse per il peso degli anni che passano anche per lui, stavolta lascia percepire preoccupanti segnali d’allarme che non lasciano presagire nulla di buono per il futuro. Specialmente se, come già detto, andiamo a considerare il fatto che numerose tracks del debutto degli Arkaea derivano dall’ossatura di quelle scritte per i Fear Factory. Che già non avevano del tutto colpito nel segno con l’ultimo “Transgression”.
Insomma, non ci siamo. Non è un semplice passo falso questo, mi azzardo a dire che questa band non ha nemmeno motivo di esistere. Non ha assolutamente nessun senso proporre un disco solo per guadagnarci sopra qualcosa, o perché è da tanto che non ci si affaccia sul mercato. Qui bisogna solamente mettere da parte dissapori e dissidi legali, riunirsi tutti insieme come nei bei tempi e scrivere un nuovo disco come si deve, e come le capacità possono permettere. Punto. Altrimenti, e concludo come ho iniziato, meglio godersi la vita da “poveri mortali” ed appendere gli strumenti al chiodo, piuttosto che spillare il ventino di euro dalle tasche dei poveri ragazzi, che comprano i dischi a busta chiusa, visti i nomi coinvolti, per poi ritrovarsi fra le mani qualcosa di davvero scandaloso.
Chi vivrà vedrà…