Tornano sulle scene, dopo il debut “The final war approaching”, gli svedesi Armagedda virando leggermente la loro proposta verso una forma di black metal thrasheggiante, riprendendo gli stilemi dei seminali Celtic Frost.
Il gruppo cerca un approccio più diretto alla materia, non limitandosi a copiare la band ottantiana, ma riuscendo ad inserire questa nuova propensione nel loro sound base, andando alla fine dei conti a sfornare un sound che strizza l’occhio ai Dark Throne e che farà felici prima di tutto i fan del gruppo norvegese, ma anche chi vuole sentire un gruppo svedese (comunque si sente) cimentarsi con sonorità ben più rozze di quelle che solitamente offrono i connazionali.
Non è stato immediato l’amore per questi Armagedda a causa di una produzione che all’inizio non mi ha convinto troppo: un tantino troppo “possente” per supportare i molti gelidi e taglienti riff che il gruppo sforna già a partire dalla bellissima opener “Refuse The Blood Of Jesus”, ed anche un po’ troppo pulita per dare un sano tocco di marciume ai momenti più grezzi (stile Carpathian Forest) che fanno bella mostra di se un po’ in tutto il disco.
Per fortuna questo viene lasciato in secondo piano quando ci si accorge che il lavoro di composizione svolto dagli svedesi è micidiale; il disco non solo nei momenti più grezzi risulta essere ben più coinvolgente degli ultimi lavori dei sopraccitati gruppi norvegesi, ma spesso ci offre dei riff talmente glaciali da ricordare i bei tempi andati. In tal senso ascoltate la quinta “Poetry From A Poisoned Mind” che magari ricorda anche troppo Transilvanian Hunger (la canzone), ma alla fine sarete riconoscenti agli Armagedda di ciò e anche di come riescano a coniugare le malate atmosfere norvegesi e i taglienti riff di scuola svedese (che più volte appaiono nel corso del disco con tutta la furia che ne consegue).
Il disco è un ottima prova di pure evil black metal e gli Armagedda ci mettono del loro per far si che questo lavoro non sia solo un tributo ai padri del genere, “Fields Of Sorrow” ne è una dimostrazione! Un album a cui però manca il marciume dei primi dischi norvegesi e che, come ovvio, difetta di originalità, ma chi impazzisce per le grezzaggini compositive di Dark Throne e Carpathian Forest troverà in “Only True Believers” un disco confezionato su misura.