La scena polacca è un fiorire di band estreme ed ultimamente molte di esse stanno venendo alla ribalta, trascinate dal successo di band quali Behemoth, Vader e Decapitated. Ed allora ecco arrivare formazioni più o meno mediocri dalle terre dell’Est Europa, compresi gli Armagedon, attivi dal 1986 e qui al traguardo del secondo album ufficiale. La proposta contenuta in “Death Then Nothing” è, come ben spiega anche il titolo stesso del disco, death metal puro al cento per cento con richiami in primis alla scuola americana del genere e qualche puntata in territori svedesi cari a band seminali quali Grave ed Unleashed. Niente di eclatante, dunque, ma comunque un lavoro dignitoso al quale, però, va riconosciuto un neo di dimensioni notevoli: la voce del cantante Sawomir “Slavo” Maryniewski. Non bisogna aver studiato da tenori per saper fare un growl decente, ma è indubbio che gestire la voce in tonalità così estreme e debilitanti per la gola non sia facile e non tutti ne sono veramente capaci. Il risalto che viene dato alla performance del singer pone l’accento su un cantato piatto e senza il giusto mordente, con conseguenze che non consentono ai brani contenuti in questo disco degli Armagedon di decollare a dovere. Per il resto, il lavoro della controparte strumentale non è particolarmente degno di nota, seppur comunque tutte le partiture siano eseguite a dovere.
Si tratta, quindi, di un album che non spinge sull’irruenza tipica del death metal e che tende a non decollare mai veramente. Per carità, non stiamo parlando di un lavoro indecente o da buttar via, ma solo di un disco che, dopo pochi ascolti, finirà sul vostro scaffale a prender polvere senza destare attenzione alcuna per molto tempo. È un peccato perché, cantante a parte, gli Armagedon avrebbero anche i mezzi per fare delle gran belle canzoni, ma non riescono a sfruttare a dovere il loro bagaglio tecnico ed artistico. Un disco che sa di occasione sprecata.