Gli Arpia, a leggere il flyer che accompagna il promo, sono in giro dal 1984, eppure le loro uscite non sono state molte. A distanza di anni dall’ultimo cd (“Liberazione”, del 1995) si fanno risentire con questo “Terramare”, un lavoro molto ambizioso che parla di erotismo e sensualità, dove terra e mare rappresentano uomo e donna, i due poli dell’esperienza amorosa. La musica degli Arpia non è molto semplice da definire, anche se grossomodo si può parlare di una base progressive rock che rimanda ai gruppi italiani che facevano questo genere nei ’70 addizionata con influenze ora wave, ora metal. Il progetto è quindi ambizioso, come si può notare anche dai testi, in alcuni casi ispirati ad opere di Guido Cavalcanti, Torquato Tasso, Rinaldo D’Acquino ed altri artisti ancora (“Rosa” è una rilettura di “Rosa Fresca Aulentissima”, il famoso contrasto di Ciullo D’Alcamo che probabilmente molti ricorderanno dai tempi del liceo). Sembra tutto molto interessante, quindi, eppure qualcosa non va… questo cd mi ha infatti annoiato. Non si può dire che i pezzi siano brutti, tuttavia a parte qualche traccia (come la già citata “Rosa”, a mio avviso l’apice del disco, “Libera” o “Piccolina”) che ho apprezzato, la maggior parte del disco mi ha provocato diversi sbadigli, cosa che non è migliorata con il crescere degli ascolti (a volte con alcuni album ostici ci vuole del tempo per assimilarli, ma poi ci si “entra dentro” e li si apprezza, cosa non avvenuta in questo frangente).
Che altro dire? Non me la sento di assegnare un’insufficienza a “Terramare”, poichè guardandolo con distacco si vede quanto lavoro c’è dietro e non si può affermare che le canzoni siano fatte male, tuttavia non posso nemmeno evitare di sottolineare quanto personalmente mi abbia annoiato e lo abbia trovato pretenzioso.