Era dal 1995 che aspettavamo questo momento, poche storie. Da quell’anno gli Autopsy non pubblicano qualcosa d’inedito e l’attesa si è protratta per ben 16 lunghi anni fino a che non ha fatto capolino il teschio gigante che campeggia sulla copertina del nuovo Macabre Eternal. In un periodo in cui i giganti del death metal (chi ha detto Morbid Angel?) sembrano zoppicare non poco, i quattro statunitensi, forti del nuovo entrato Joe Allen al basso, danno vita ad un lavoro ancorato alle origini del genere, marcio fino al midollo e putrefatto in ogni suo istante.
Tra sorprese (il break acustico di Bridge Of Bones) e conferme (la già edita The Tomb Within), i 65 (!) minuti di Macabre Eternal scorrono liquidi e melmosi in un mare di riff a metà strada tra il death primordiale ed il thrash più estremo di scuola Slayer. Anche a livello di produzione il nuovo album può rivaleggiare coi fasti del passato: un suono vero, senza sovrastrutture e trigger dona ancora più potenza ed efficacia ad una proposta che scava ulteriormente nella fossa dell’underground primordiale.
Ecco, l’unico appunto che si potrebbe fare a Macabre Eternal è quello della lunghezza, effettivamente un po’ eccessiva nella sua ora abbondante. Il fatto che arrivare fino alla fine del disco non sia un’impresa facile, però, non può definirsi del tutto un difetto in quanto di “facile” la musica degli americani non ha proprio niente, per fortuna.
Ciò che comunque piace degli Autopsy, è che fanno esattamente ciò di cui sono capaci: annichilire con potenza di fuoco massiccia e brutale. Se cercate sperimentazioni, grandi novità o qualcosa di anche solo differente da ciò descritto finora, cambiate decisamente direzione, gli Autopsy non fanno per voi.