Un nome che si sta facendo strada prepotentemente, quello dei Be The Wolf: passaggi in televisione, in radio e tour in tutto il mondo ne stanno decretando una rapida ascesa per il trio torinese. Formatisi nel 2011, allora come quartetto, firmano nel 2015 per Scarlet Records, la quale fa uscire in breve tempo il primo disco ‘Imago’. Da allora è stato un susseguirsi di avvenimenti che ha portato questi giovani ragazzi a doversi rimboccare le maniche per poter dare alle stampe un degno successore di quell’esordio che ha dato un sonoro “La” alla loro carriera.
Arrivati oggi al traguardo del secondo disco, i tre ci presentano un lavoro intriso di un feeling estremamente pop e condito da un rock dall’appeal catchy e moderno, figlio sia degli anni ’70 che dell’accezione più moderna del genere. I lidi non sono distanti da quelli del primo lavoro, anche se si nota una cura maggiore negli arrangiamenti ed una marcata ricerca del ritornello perfetto. L’opener Phenomenons è il brillante esempio di quanto appena scritto, così come la successiva Down To The River porta la band verso lidi più tranquilli, anche se fa calare non poco l’energia che si era prospettata con il primo brano. Altra sorpresa, purtroppo non del tutto positiva, è Blah Blah Blah, dove arriva pesantemente l’allontanamento dal rock per porsi verso lidi marcatamente pop. Fortunatamente sembra che questo cambio di direzione duri poco, anche se la salsa del refrain studiato per rimanere in testa (nel bene e nel male) condisce davvero ogni singolo episodio. Una volta compreso tale fattore, fa comunque piacere ascoltare brani come Animals e Peeps, quest’ultimo caratterizzato da un incedere swing adeguatamente rivisto in ottica rock’n’roll. A chiudere il tutto, poi, un trittico di brani che, finalmente, ci riportano più verso suoni distorti con, come nel caso dell’incipit della conclusiva Freedom, un retrogusto addirittura quasi stoner.
Una nota va fatta anche ai suoni ed al mix, ad opera di Andrea Fusini: lo sforzo fatto in cabina di regia è notevole ed ha dato frutti ragguardevoli, ma è bene precisare che la direzione intrapresa dalla band è quella di un pop/rock dall’enorme appeal radiofonico. In questi termini, in determinati momenti, sembra che vi sia ancora indecisione sulla strada da percorrere, se compiere il salto definitivo verso il pop o tornare a pestare sull’acceleratore dell’hard rock.
Rimane, quindi, lo strascico di un lavoro che impressiona sicuramente meno dell’esordio, non sfruttando più l’effetto sorpresa, ma che si dimostra comunque valido, anche se con alcuni momenti in cui, usando una metafora cara al mondo dei motori, il gruppo torinese scoda troppo e si ritrova a non gestire al meglio la derapata. Forse, se i nostri si fossero spinti nell’arrangiare i brani puntando su due chitarre, anziché su una sola, il tutto ne avrebbe guadagnato in impatto. Resta, ad ogni modo, il fatto che siamo di fronte ad un lavoro al di sopra della sufficienza e, concludendo la recensione, auguriamo ai Be The Wolf di trovare la propria via e di riuscire a mettere in pista un terzo album più coeso e con una direzione un po’ più definita.