Secondo album per i novaresi Bejelit, una band che, dopo aver superato in maniera a dir poco egregia lo shock causato dall’abbandono del cantante Fabio Privitera ed aver tagliato i ponti con l’etichetta Underground Symphony, risorge dalle sue ceneri, quasi fosse un’araba fenice, ritornando alla grande con un concept-album basato sul fumetto Berserk ed integralmente prodotto dal chitarrista e fondatore Sandro Capone. Ma lasciamo che sia la musica a parlare. Dopo il breve ed atmosferico intro “Resurrection”, l’album parte alla grande con la fiammeggiante “The Age Of War”, un brano che miscela, in maniera egregia, ritmiche epiche ed oscure, facendo tornare in mente le produzioni di Domine e Rosae Crucis; si prosegue alla grande con “Mercenary”, una splendida ed adrenalinica cavalcata metal che, con i suoi chorus creati appositamente per essere urlati in sede live ed un assolo di basso di rara potenza, entra subito in circolo quasi fosse una droga che dà assuefazione immediata; ed ecco arrivare “Son Of Death”, brano in cui le due asce del gruppo, Sandro Capone e Daniele Genugu, si dilettano in un duello musicale con il basso di Giorgio Novarino e la tellurica batteria di Giulio Capone; uno splendido arpeggio di chitarra introduce “Just A Dream”, una speed-song che, se eseguita dal vivo, farà sicuramente sfaceli con il suo ritmo infernale ed i suoi chorus molto accattivanti ed orecchiabili; la vena epica che, sin dagli esordi, ha caratterizzato il gruppo ritorna alla grande con la terrificante “March Of The Immortal”, un pezzo che non sfigurerebbe in una colonna sonora di un film horror; con “The Evil Inside”, uno dei pezzi più interessanti dell’album, il gruppo decide di toccare i lidi del progressive, guidato dall’epico basso di Giorgio Novarino e dalla splendida prova vocale di Tiberio Natali; il gruppo si prende un attimo di pausa con la splendida e struggente ballata “Flower Of Winter”, brano che fa tornare in mente i Manowar più atmosferici ed epici e funge da apripista per “Victory’s Now!”, una splendida cavalcata anni ’80 in cui la batteria di Giulio Capone, con la doppia cassa che va realmente a mille, la fa da padrone; chiude questo splendido album “… And Chaos Came From Nowhere”, un brano in cui Tiberio Natali cerca di emulare il grandioso Hansi Kursch, coadiuvato splendidamente dalle due asce del gruppo, Sandro Capone e Daniele Genugu che, con i loro splendidi assoli, gli preparano un tappeto sonoro di tutto rispetto.
Per concludere posso solo aggiungere che questo è un album che non deluderà i numerosi fans del gruppo; ma la cosa più importante che voglio sottolineare è la seguente: questo nuovo prodotto dei Bejelit è una gemma d’inestimabile valore che rende onore al metal tricolore e dimostra ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la nostra scena musicale gode di ottima salute.