Arrivano dalla nordica Svezia e sono al secondo album per l’etichetta Laser’s Edge, etichetta orientata alla musica prog in tutte le sue forme e generi.
I cinque sono nati come gruppo di rock psichedelico per poi evolversi verso sonorità più prettamente prog rock senza mai dimenticare il loro amore per la psichedelia. Non che in questo album sia particolarmente presente, ma è facilmente percettibile; Sound Of The Apocalipse infatti pesca a piene mani da gruppi rock quali Yes, Camel, ma nella loro musica è presente anche tanto amore verso i Queen (primi album), particolarmente in alcuni passaggi di piano e soli ispirati dal buon Brian May.
L’album viene strutturato come un concept, e sembra di ascoltare una lunghissima canzone suddivisa in atti: questo è infatti il risultato dell’ottima successione dei brani. Non ci troviamo di fronte a un gruppo in cerca dell’originalità, quanto ad un gruppo che prova ad assemblare al meglio tutte le sfaccettature della musica prog rock e psichedelica degli anni settanta che tanto li ispira; ogni singolo passaggio fa ricordare un particolare gruppo, o una particolare canzone ma senza essere dei cloni o copiare spudoratamente.

Dalla inziale Thorns Upon A Crown alla finale Sound Of The Apocalypse veniamo catapultati nel mondo triste e oscuro creato dai cinque svedesi; le melodie sono lente e malinconiche ma si riesce a trovare spazio anche per dei brillanti e briosi passaggi. Il tema dell’Apocalisse sembra voglia più far riflettere su quello che succederà, o potrebbe succedere: o positivo o negativo. Quindi non è necessariamente triste. I nove brani (più due bonus) non risultano stancanti e tutto procede con scioltezza dall’inizio alla fine regalando cinquantaquattro minuti di magici momenti sulle note dei Black Bonzo. Questo Sound Of The Apocalipse pur essendo un album molto buono ha però il difetto di non essere ricordato molto facilmente e saranno necessari svariati ascolti prima di essere capito appieno.

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