I Black Jester sono uno storico gruppo italiano di Progressive Metal, basti pensare che questo loro primo album risale al 1993, purtroppo ormai sciolto. A distanza di nove anni la Elevate Records ha deciso di ristampare i primi due album usciti originariamente per l’etichetta straniera WMMS, una delle prime etichette straniere a puntare su band metal nostrane anche se orientate al progressive.
Da notare subito la produzione non eccellente ma che per l’epoca in cui è uscito era tra le migliori per un gruppo underground e per una piccola etichetta come la WMMS. Qualcuno dopo aver letto Progressive Metal avrà pensato, forse inevitabilmente, a un gruppo stile Dream Theater ma attenzione, faccio notare che l’album è uscito un anno dopo del disco che ha praticamente creato il termine Progressive Metal ossia Images & Words.
Fondalmentalmente l’album rimane su coordinate più morbide e meno esibizionistiche; non ci sono i virtuosismi come nella band di Petrucci e soci. L’album è molto orchestrale, più riflessivo con delle partiture, a mio avviso, ispirate più agli Yes ma rese più metalliche e il paragone viene rafforzato anche dal fatto che Alex “The Jester” D’Este canta in maniera molto simile a Jon Anderson.
Addentriamoci quindi nell’esplorazione del diario dell’angelo cieco iniziando con “Night Voices” in cui i cori danno quella sensazione di mistero e paura che si può provare camminando di notte da soli in un luogo aperto e in cui il vento può far udire voci inesistenti, mentre le chitarre, messe ben in primo piano con riff possenti, danno il coraggio di attraversarlo.
Arpeggiata e orchestrale è la successiva “The Tower And The Minstrel” con improvvisi stacchi metal che la rendono imprevedibile e decisamente godibile.
Più metal delle precedenti risulta “Diary Of A Blind Angel” che alterna momenti di metal classico con momenti orchestrali da colonna sonora per un film, con continui cambi di tempo in particolare da metà canzone in poi, anche se ho trovato la parte iniziale particolarmente noiosa.
La prima parte della successiva canzone “Time Theater”, è quasi esclusivamente strumentale e si rivela rilassante per sfociare poi nella seconda parte “King Of Eternity”, in power sinfonico con evidenti riferimenti a Malmsteen negli assoli; seconda parte che ho particolarmente apprezzato.
Continuiamo a sfogliare il diario dell’angelo cieco con la stupenda “Mother Moon” in cui le tastiere creano un sognante sottofondo musicale per le chitarre e chiudiamolo con la velocissima e malmsteeniana, “Black Jester Opera” con chitarre serrate e improvvisi cambi di tempo che rendono, a mio avviso, il brano il più interessante di tutto l’album.
Direi, in conclusione, un album decisamente interessante che gli amanti del Progressive Metal dovrebbero tenere in forte considerazione soprattutto perchè dimostra che il Progressive Metal è una realtà costituita da tanti piccoli grandi gruppi che hanno avuto, o hanno, solo la sfortuna di non incidere per una grossa etichetta. E soprattutto che non è un genere il cui fine ultimo è quello di mostrare a tutti i costi quanto si è bravi a suonare i propri strumenti con virtuosismi, delle volte, fini a se stessi come fanno i Dream Theater.