Intervistare una band è un po’ come avere fra le mani una bussola impazzita. Puoi prepararti le domande che vuoi, tentare di condurre l’intervistato su questo o quell’argomento, ma il rischio di partire per la tangente è più che concreto quando davanti a noi siede una band gioviale e spassosa come i Blind Guardian. La chiaccherata promozionale sul nuovo “At The Edge Of Time” è anticipata da un lunga introduzione calcistica, complice il fatto che siamo in pieno clima Mondiale; mentre parliamo sul televisore scorrono le immagini di una partita qualsiasi e si sa, il calcio in Germania è un’istituzione quasi come il nostro cappuccino.
Già. L’Italian Cappuccino. Ne conteremo ben sei a testa, fra Hansi e Andre, alla fine del pomeriggio, un record memorabile alla pari della frase di congedo del singer che dirà, con gli occhi sbarrati di gioia: “I’ve drunk a lot of cappuccinos, but this is the best cappuccino ever!”.
Ma di cosa è fatto lo stomaco di questi tedeschi? Amianto? Vabbè, bando alle ciance, ecco il resoconto di questa fantastica chiaccherata!
Ascoltando il nuovo album sono rimasto molto colpito perchè ancora una volta è una sintesi di tutti gli stili precedenti, puoi parlarci del processo di scrittura?
(Hansi)“At The Edge Of Time” è un album che congiunge passato e presente, riprende certe caratteristiche dei nostri primi dischi assieme a tante nuove idee, ma credo anche che i fan di vecchia data avranno meno problemi ad assimilare l’album rispetto a Twist In The Myth…
Eccomi quì…
Uh…bentornato allora!
no dai, non ho mai smesso di ascoltarvi…
Ah ok, allora sei un tipo piuttosto tollerante allora… (grasse risate! Sarà una costante di tutta la chiaccherata!ndr) seriamente, abbiamo iniziato a scrivere i pezzi subito dopo la fine del tour di Twist In The Myth, in quei giorni sentivamo ancora la carica delle esibizioni live e avevamo un mood piuttosto aggressivo; avevamo già in programma di comporre la canzone per il videogioco “Sacred”, quindi il tempo per rilassarci è stato davvero poco. Tutto si è svolto spontaneamente e rapidamente, abbiamo terminato in poco tempo “Sacred” nella versione del disco e “War Of Thrones” nella versione acustica che sarà sul singolo; durante i lavori di produzione del videogioco non abbiamo mai smesso di lavorare sul pezzo, inserendo intro e outro, aggiungendo pezzi a più riprese…a un certo punto ci siamo resi conto che per decollare “Sacred” aveva bisogno di una vera orchestra, per cui ci siamo serviti di un computer; l’ impatto sul pezzo alla fine è stato enorme! I risultati sono stati talmente incoraggianti che abbiamo continuato a scrivere con estrema naturalezza, senza badare molto alla direzione stilistica ma lavorando su un pezzo alla volta…se ricordo bene subito dopo è stata la volta di “Road Of No Release”. Un pezzo molto particolare con tutti questi inserti di piano e altre cose un po’ strane, ricorda un pò il materiale dei primi anni ’90 e certe vecchie cose dei Savatage…tutte le canzoni del disco hanno questo mix di vecchio e nuovo. Quando abbiamo iniziato la fase di produzione Charlie (Bauerfrend, il produttore ndr) è rimasto sorpreso di come “A Voice In The Dark” suonasse così anni novanta, quindi perchè non spingere la produzione in quella direzione? Ecco perchè il sound è molto corposo e definito, quasi più fisico potremmo dire.
Quanto siete cresciuti in termini di produzione, dai tempi di Kalle Trapp fino ad oggi?
In studio c’è sempre tanto da imparare e questo se vuoi è il motivo per cui abbiamo cambiato produttore più volte nel corso della nostra carriera.
Kalle Trapp per noi è stato come un padre all’inizio, tecnicamente ha fatto un gran lavoro; all’epoca eravamo quasi convinti che fosse il miglior produttore al mondo, o per lo meno il migliore che potessimo ottenere per un certo tipo di sound. Poi ad un certo punto noi siamo cresciuti mentre lui no e da lì sono nati i problemi.
Con somewhere far beyond abbiamo tentato di spingerlo in una direzione diversa, cosa per lui del tutto innaturale, a differenza dei primi album in cui invece era stato lui in un certo senso a condurci. Ci furono delle difficoltà, Somewhere era ok ma sapevamo di poter fare meglio, avevamo una visione differente della cosa… comunque sin dall’inizio è stato molto protettivo con noi e ci ha fornito molti consigli preziosi; iniziammo a prendere in considerazione l’idea di lavorare con qualcun’altro in concomitanza con la pubblicazione di “Tokyo Tales”; il lavoro su quel disco fu un disastro e da lì capimmo come i Guardian avrebbero dovuto suonare su disco.
Iniziammo a lavorare su “Imaginations” e contattammo Flemming Rasmussen…sebbene fossimo giovani e rampanti, sapevamo che era una sorta di intoccabile e che non avrebbe considerato assolutamente la possibilità di lavorare con noi; abbiamo dovuto convincerlo a lungo… gli facemmo ascoltare “A Past And Future Secret” e “I’m Alive” dopodichè ci dette l’ok. Andammo in Danimarca e beh, nacque subito una forte amicizia; Flaming è davvero una gran persona, era conosciuto per il suo lavoro con i Metallica e tanti altri gruppi, per noi è stato un privilegio lavorare con lui.
(Andrè) Tentava ogni volta di farci concentrare sulla musica ma sapeva al tempo stesso che avevamo una gran voglia di fare casino! Flemming era una sorta di padre e amico contemporaneamente, capisci? A volte era con noi, a volte era invece quello che ci richiamava all’ordine…un comportamento molto pericoloso!
(Hansi) Ricordo che arrivammo in Scandinavia un sabato con tutto l’equipaggiamento ma dovevamo stare molto attenti, all’epoca c’erano ancora le frontiere e noi eravamo completamente riforniti di alcool! Ovviamente l’alcool non durò a lungo, ricordo che dovevano esserci le prime sessions il sabato pomeriggio ma lui disse “sapete che vi dico? fa niente, rimandiamo a domani mattina”, e ci ubriacammo per il resto della giornata! Flemming passò tutta la notte a dormire sotto il tavolino…quando iniziammo a registrare le prime parti di batteria eravamo ancora in pieno party mood…i primi giorni di registrazione furono difficili per noi, da parte sua Flemming era inflessibile, era un continuo “salta…salta..rifare..rifare..”. Imaginations fu comunque un grande album che mi ricorda dei bei momenti…vedi, puoi spendere un sacco di soldi in produzione, ma se non sei preparato rischi di impiegare anche il doppio del tempo e delle risorse. Ecco cosa abbiamo imparato! Per Nightfall invece abbiamo speso un sacco di soldi, perchè, beh…
(Andrè) Il prezzo dell’alcool era salito vertiginosamente ah ah ah!!!…
(Hansi) Furono sessions molto costose, sebbene avessimo deciso di fare quasi tutto nei nostri home studios; tornammo in Danimarca ma questa volta Flemming si occupò solo del mixaggio, per il resto il disco fu autoprodotto. Ci divertimmo comunque un mondo ma al tempo stesso le cose stavano cambiando, eravamo diventati più professionali.
Passando ai testi dell’album, mi sembrano ancora una volta incentrati su tematiche fantasy…avete mai pensato di ispirarvi a tematiche politiche o sociali?
Ogni testo che scrivo è personale; quando scrivo, prendo una posizione precisa rispetto alla storia e ai personaggi. E’ la mia prospettiva personale della trama e rivela molto della mia personalità, delle mie idee politiche e filosofiche. Non mi piace attenermi strettamente alla storyline. Non voglio che la gente pensi “Hansi si è tagliato i capelli e ora scrive cose serie”…
A proposito del taglio di capelli, non ti nascosto che nel vederti al Bang Your Head dello scorso anno ho pensato: “che è successo ad Hansi?”
Molti fans mi seguiranno, puoi starne certo…anzi, firmerò un contratto con Giorgio Armani, “Dai Hansi , introducimi nella scena metal! Ci vorranno due o tre anni, ma alla fine tutti i fans dei Blind Guardian avranno i capelli corti e vestiranno Armani, sicuro!
Scherzi a parte, molte delle nostre scelte vengono apprezzate dai fans, a lamentarsi sono quelli che pensano che i nostri testi siano tutti draghi e hobbit…alla fine è la musica che conta, le emozioni che scatena, la performance della band, è l’insieme di tutti questi elementi.
Ci sarà mai un altro Blind Guardian Open Air?
Forse. Stiamo lavorando ad un progetto con l’Orchestra non posso anticiparti niente a riguardo, è una cosa molto difficile da portare on stage in giro per il mondo…
Ti riferisci ad un eventuale tour mondiale?
Europeo per la precisione… portare in tour una vera orchestra è cosa tutt’altro che facile, così come trovare la location adatta..ma sul fatto di avere eventualmente un’orchestra in concomitanza di un evento come il Blind Guardian Day, beh, ci stiamo lavorando!
Molta gente pensa che dal vivo siate meno efficaci rispetto alle prove in studio, sebbene i fatti poi dimostrino il contrario.
Non ho problemi ad ammettere che non siamo fra le cinque migliori bands al mondo in sede live, ma dopotutto c’è una via di mezzo fra essere la migliore o la peggiore live band del mondo.
E’ una minoranza che pensa queste cose…queste persone forse non capiscono a fondo cosa significhi una esibizione live. La magia, il dialogo fra band e pubblico, noi in questo siamo forti e scateniamo comunque una reazione nel pubblico. Magari non suoniamo sul palco esattamente come in studio ma vedi, c’è l’abilità nel suonare in studio che è una cosa, e poi c’è l’abilità nel suonare live, che è un’altra cosa. C’è un collega, un manager, che dice una cosa molto giusta a riguardo: merchandising proofs the tour. E se fai caso a quanta gente ai concerti indossi t-shirt dei Blind Guardian puoi spiegarti il motivo del successo riscosso dalle nostre esibizioni. Se i nostri concerti ai fan non piacessero stai pur certo che non comprerebbero neanche una spilletta.
Ho avuto la fortuna di assistere alla vostra esibizione del Wacken 2007 e sono rimasto colpito dalla totale empatia fra voi ed il pubblico…
Quella di Wacken non è stata la nostra migliore performance in assoluto, ma di certo è stata una grande performance. Un piacere per gli occhi e per le orecchie, sicuramente. Ovviamente ci sono stati degli errori in qua e là ma che ti posso dire…è la vita (ride).
Programmi per l’estate? Tour? Qualche apparizione?
(Andrè) Quest’estate saremo impegnati nelle prove per il tour promozionale che partirà a settembre, e che prevede oltre centoventi concerti. Come puoi vedere, di tempo a disposizione non ne abbiamo molto!
Una curiosità che mi porto dietro da anni…Hansi, perchè hai abbandonato il basso elettrico?
Mi stavo già preparando a tagliarmi i capelli…seriamente, era diventato molto difficile cantare e suonare già ai tempi di somewhere far beyond, lo divenne ancor di più con “imaginations” e fu praticamente impossibile con Nightfall. Prima di entrare in studio dissi chiaramente che non avrei più suonato il basso, sai io ero più orientato su uno stile solista alla Steve Harris mentre era necessario qualcuno che fosse in grado di seguire più fedelmente la chitarra ritmica, sopratutto dal vivo. Questo è il motivo per cui ho abbandonato il basso; potrai non crederci, ma non ho alcun rimpianto!