La Scarlet è una casa discografica che sin dalle loro prime produzioni di Necrodeath, Aborym ed Hatesphere ( mica c°^^i ) ha sempre avuto la capacità di scovare gruppi talentuosi dell’ underground nostrano e non, e solo per questo motivo ha goduto e godrà del mio più profondo rispetto. Ultimamente però non si era potuto fare a meno di notare una certa immobilità da parte dell’etichetta, intenta a produrre gruppi un pò troppo simili fra loro, power o death che fossero, alternando albums eccellenti, ad alcuni meno brillanti seppur in numero ridotto. Fortunatamente si son resi conto della necessità di orientarsi sulle nuove sonorità che il metal offre nell’ultimo periodo: insomma, portare una ventata di aria fresca ad un roster fin troppo monotono ( e per questo meritano ancor più rispetto). E’ successo qualche mese fa con i death’n rollers Allhellujah, è toccato questa volta ai Bloodshot, band metalcore proveniente dal Belgio. Reduci da un’infinita serie di concerti in giro per l’ Europa, i Bloodshot si presentano con il loro secondo cd dal titolo “Ultimate Hatred” concept album incentrato sulle gesta del serial killer Jeffrey Dhamer, il cannibale di Milwakee. Bisogna ammettere che questa volta il concept ben si adatta al genere da essi proposto: un metalcore figlio della nuova scuola di Hatebreed e Throwdown, che strizza l’occhio verso sonorità death metal, quello massiccio e groovy dei Gorefest di ”Erase”, dando vita a sua volta ad un mix letale ed abrasivo. Nel corso dell’album possiamo ascoltare mid tempos massicci, canzoni più tirate e alcune più vicine al death metal, quest’ultime grazie anche ad un cantato molto accostabile al Chris Barnes dei Six Feet Under nonché a certi riffs di scuola Gorefest/Obituary; ad essere obiettivi non possiamo certamente dire di aver a che fare con dei maestri d’innovazione ma almeno quello che suonano, lo suonano con coerenza ed onestà, con l’unico intento di stupire l’ascoltatore senza dover far ricorso ad inutili piagnistei o ancora peggio, di fare della Svezia la nuova terra di appartenenza. Album consigliato a chi dalla musica non chiede altro che spropositate dosi di violenza.

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