Un peccato. Un vero peccato. Anzi, due. Perchè mi toccherà esprimere un giudizio negativo su ben due cose. La prima riguarda le aspettative che riponevo sul disco che sto per recensire. La seconda è che mi dispiace di dover essere molto critico su una band italiana che comunque si è fatta in quattro per risultare quanto più convincente possibile. Partiamo dll’inizio. “Brain Dead” la band, italiana, “In the Deep Of Vortex” il titolo del disco. La cover è davvero stupenda. Non si possono non avere delle alte aspettative di fronte ad un artwork così convincente. E non si può non capire, viste le immagini, che la band suona thrash, un thrash nella sua forma più ottantiana, che attinge a piene mani dalle sonorità della gloriosa Bay Area, soprattutto sponda Exodus. Questi ultimi sono davvero i maestri ispiratori della band piemontese, che sembrano sul serio avere due paraocchi ai lati del viso ed una sola ragione di vita, il thrash metal, appunto. Fin qui tutto bene, nel senso che è ben noto quello che sta succedendo a questo sottogenere del metal in questi ultimi anni. Non si contano più ormai le formazioni che hanno deciso di attuare un revival degli anni 80. Ovviamente alcuni ci sono riusciti e altri no, ma la nuova giovinezza del thrash è una vera bomba, che piomba sulle teste di moltissimi ed ignari ascoltatori. E’ inutile, non si può rimanere indifferenti di fronte alle bordate assassine di compagini quali Municipal Waste, Bonded By Blood, Gama Bomb e compagnia bella. In questo caso però, non vengono per nulla raggiunti dei buoni livelli, e il termine che mi sento di utilizzare per riassumere il prodotto in questione è uno solo: fiacco.
La voglia di emulare i propri beniamini è un’arma a doppio taglio, se da una parte può servire a produrre qualcosa di interessante, a volte rischia di prendere il sopravvento sul resto, facendo precipitare la qualità delle canzoni. E’ proprio questo il caso dei “brain dead”, troppo impegnati a scopiazzare i loro eroi, invece che usarli solamente come ispirazione.
Il difetto più evidente di “In The Deep Of Vortex”, è sicuramente la voce. Sembra quasi che il singer non sappia parlare molto bene l’inglese, la pronuncia in alcuni casi lascia davvero a desiderare, è a dir poco impossibile non notare questa caratteristica. Peccato, perchè la timbrica non è affatto male, anzi, è davvero azzeccata. La seconda negatività riguarda la batteria, che in alcuni frangenti praticamente è costretta ad “inseguire” gli altri strumenti, dando l’idea di essere come un po’ in ritardo e fuori tempo. Poi purtroppo si aggiunge a ciò anche un songwriting non proprio all’altezza, le songs si assomigliano tantissimo fra loro, manca un po’ di velocità, dato che tutto il disco è incentrato quasi solamente su up e mid-tempos, che darebbe un po’ di freschezza alle composizioni.
Come dicevo, dispiace moltissimo dover giudicare male una band nostrana. Ma qui c’è però un qualcosa che mi fa ben sperare per un futuro più roseo e meno denso di nubi. Le capacità ci sono, è innegabile, il full-length si presenta benissimo alla vista e in alcune canzoni i cinque fanno spuntare sicuramente un pizzico di talento, che in questo caso però non è emerso del tutto. Un’insufficienza quindi con molte attenuanti, sarò curioso di confermare le mie intuizioni positive con il prossimo lavoro.

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