Nati, come side project, da costole di British Sea Power e Electric Soft Parade i Brakes sono una tangibile ed autonoma realtà giunta alla propria terza uscita ufficiale. La band britannica, in questo ‘Touchdown’, conferma la propria anima aperta e poco british con un platter che affonda le proprie variegate radici in un bacino piuttosto intricato d’influenze. Croce e delizia del pulsante indie rock del quartetto inglese è proprio la ricerca di un sound flessibile e dinamico che, pur facendo scorrere via liscio l’album, tirando le somme non rende alla perfezione.
Gli elementi caratterizzanti della proposta dei nostri non sono, dunque, attribuibili ad un unico genere ma spaziano, in maniera disordinata, in un repertorio poco organico ed uniforme. All’interno dei dodici brani è facile sentire tanto una composizione lenta e strisciante, quanto break aperti al limite del brit pop, passando per vitriolici riff veloci, interventi acustici ed addirittura il country di un pezzo come “Eternal Return”. Un modo di agire rispecchiato alla perfezione dal lavoro vocale multiforme di Eamon Hamilton da una produzione ninety senz’anima che ben si adatta allo spirito del disco. E’ così che, se si fa apprezzare il il mood e l’agilità con cui sono proposte le due linee musicali, rimane non poco amaro in bocca osservando il parto di una band che stagna troppo nel mezzo senza prendersi i rischi della ricerca di una propria identità. Un disco come tanti, troppi, altri accomunati da quel maledetto comune denominatore rintracciabile nell’assenza di carattere e personalità che possano rendere un prodotto segnalabile.