In oltre quindici anni di onorata carriera musicale, gli americani Cage hanno rilasciato solamente quattro dischi ufficiali. L’ultimo della serie, “Hell Destroyer”, si presenta innanzi tutto con una cover artwork semplicemente divina e la pesante eredità di un disco come “Darker Than Black”, che nel 2003 ha letteralmente spopolato nel panorama classico.
Ora, forti del contratto con MTM, provano a scardinare la cortina di indifferenza che ha sempre caratterizzato la carriera dei nostri, eterni secondi dopo i giganti del settore come Judas Priest, Metal Church e Crimson Glory. “Hell Destroyer”, pur non raggiungendo i risultati eclatanti del predecessore, si dimostra un album compatto ed estremamente convincente, forgiato sui classici canoni del metallo più ortodosso e ricco di citazioni di lusso soprattutto nei confronti di Rob Halford e compagni (periodo “Painkiller), Iced Earth e Manowar (era “The Triumph Of Steel”). A livello concettuale, “Hell Destroyers” è un concept album molto corposo che tocca varie tematiche e situazioni storiche (spaziando dal passato al post futuro) e che si delinea attraverso la mastodontica durata di ben settantacinque minuti di musica. I pezzi presentati sono 20 (più bonus track) di cui, però, vanno distinti sette interludi musicali che servono alla band per conciliare in maniera armonica le varie parti del concept. Tanta carne al fuoco, dunque, per questa quarta fatica discografica che può vantare alcuni capolavori di genere come la devastante “Hell Destroyer”, semplicemente perfetta, “Rise Of The Beast”, tremendamente pesante, e “Fire And Metal”, che assieme alla conclusiva “Beyond The Apocalypse” suggella in maniera encomiabile la riuscita finale di questo lavoro.
Titoli evocativi, dunque, di quanto ci si trovi dinanzi in un disco di questo tipo, tra i pochi esempi rimasti di incondizionata passione ed ortodossia musicale.

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