“Contro.Luce” è uno di quei dischi che danno molto, ma che richiedono anche tanto all’ascoltatore. L’ultima fatica dei Canaan è infatti un album denso e profondo, suona sincero e sentito, tutte caratteristiche apprezzabilissime, il contraltare è che però necessita di essere assimilato ed è un’esperienza sfiancante. La durata supera i 70 minuti e l’ascolto va effettuato tutto in una volta: non ci sono tracce particolari da ascolto mirato, “Contro.Luce” va fruito nella sua interezza, va assaporato dall’inizio alla fine, in un certo senso va “sofferto”. La struttura dell’album alterna pezzi veri e propri ad intermezzi e, mentre i brani “standard” hanno una struttura simile (composizioni lente, piene di atmosfera, disperate ma calde), gli intermezzi sono di vario tipo e spaziano da momenti ambient dove sono protagoniste le campionature (spesso dal feeling organico) a quadretti etnici dal sapore mediterraneo/medio-orientale. Proprio su questi ultimi stacchi personalmente ho faticato di più, il mio gusto è infatti piuttosto distante da quel tipo di sonorità, e inizialmente le trovavo troppo “staccate” dal resto della materia musicale, mentre col passare degli ascolti mi sono sembrate sempre più amalgamate nel flusso generale e le ho apprezzate di più, pur non riuscendo mai a relazionarmici del tutto. Il feeling che traspare da tutto l’album è comunque sempre presente e vivo, e il disagio che permea ogni nota è stranamente “colorato”. Probabilmente alla fine è proprio questa la caratteristica di “Contro.Luce”, ben sottolineata anche dall’artwork: non si può dire che l’album sia positivo, il malessere e l’angoscia trasudano da ogni brano, tuttavia è come se una positività di fondo permeasse sempre, e la sensazione che si prova non è di gelida disperazione, ma è una specie di tepore che avvolge e ottunde.
“Contro.Luce” non è quindi un lavoro per le masse, bisogna essere predisposti per apprezzarlo, e anche in questo caso è richiesto un certo sforzo. D’altronde il coraggio dei Canaan è grande, come dimostra anche la scelta di cantare in italiano (scelta che probabilmente alienerà molte simpatie all’estero, e probabilmente anche qua in madrepatria, ma che in realtà fa sì che con noi conterranei si crei un’intimità molto più forte che col cantato in inglese), e dimostra quanto Berchi e soci facciano musica soprattutto per loro stessi. Insomma, se apprezzate queste sonorità date una possibilità ai Canaan, e se li ritenete meritevoli supportateli veramente (Mauro Berchi non solo è autore di musica di alto livello, ma si produce anche, si può comprare questo disco direttamente dalla sua Eibon spendendo poco e aiutandolo a continuare a produrre musica, per cui fateci un pensiero).