I Carcass sono un essere a sè. Inarrivabili, inprescindibili, perfetti. Che ascoltiate il più becero grind-gore o che adoriate il death tecnico e melodico od ancora il rock dei seventies, la vostra discografia non può esulare da questo splendido esempio di coerenza e sperimentazione, tecnica e cacofonia, ironia e perversione.
Ogni loro album ha definito un genere, in un percorso che li ha portati dall’essere padrini del grind assieme ai Napalm Death (di cui il chitarrista Bill Steer fu membro ed artefice della metà dei pezzi del seminale “Scum”) fino ad evolversi in un death-grind eppoi in una variante più melodica del death con l’inarrivabile “Heartwork”.
Punto di arrivo e purtroppo di arresto della loro evoluzione, questo Swansong vede l’uscita dal gruppo di Micheal Amott, autore della svolta death degli album precedenti, sostituito da Carlo Regadas, che nonostante non sia un nome particolarmente altisonante, svolge il suo ruolo in maniera del tutto consona agli intenti della band.
La pura cattiveria degli esordi, la potenza e la tecnica, l’intreccio vorticoso di riff sparati a mille, si trasformano qui in un approccio molto più rilassato. Il growl di Walker resta,
anche se non è più il grugnito malato di un tempo, le parti di batteria si fanno più cariche di groove, i riffs e gli assoli sembrano usciti direttamente dagli anni ’70.
Il tutto si presenta dunque molto melodico ed orecchiabile, ma allo stesso tempo piuttosto originale dando vita ad un sound godibile e fresco.
Le tematiche si discostano dalla descrizione minuziosa di orribili patologie cui i nostri ci avevano abituato negli anni precedenti, andando ad affrontare argomenti quali la politica, la guerra, l’industrializzazione, la massificazione (Room 101 ad esempio è ispirata alla celebre opera di G.Orwell “1984”).
Le vette compositive dell’album sono sicuramente “Keep on rotting in the free world”, “R**k the vote” , “Polarized”, oltre alla già citata “Room 101”.
La produzione è ottima, come sempre quando ci mette le mani Colin Richardson, e permette a Walker di dimostrare di non essere un bassita per necessità, ma di avere un’ottima padronanza del suo strumento. Non è solo Walker comunque a beneficiare dell’ottima qualità sonora ma tutti i componenti che dimostrano in questo album l’abisso che li separa dalle incertezze tecniche degli esordi (per usare un eufemismo). Ingiustamente osteggiato dalla critica del tempo, in realtà Swansong si presenta come un lavoro fondamentale per la canonizzazione del Death’n’Roll e per la consacrazione definitiva dei Carcass. Consacrazione che purtroppo non avvenne a causa del pesante ostracismo a cui la band andò incontro.
In conclusione un album bellissimo, melodico, fresco anche a distanza di anni. Forse Heartwork è un pelo sopra, ma la classe, quando c’è (e qui ce n’è a vagoni) si vede sempre. Un assoluto capolavoro degli anni ‘ 90, decisamente da riscoprire.