“Church of Shamanic Goetia” dei nostrani CARONTE, è il secondo atto pubblicato per Van Records e uscito nel periodo di fine ottobre e inizio novembre 2014. Reduci dal successo di “Ascension” e dallo split con i romani Doomraiser, con questo ultimo lavoro, innalzano di valore la scena doom nel nostro paese con una perla senza precedenti.
Il platter è formato da sette tracce, per un totale di un’ora circa di ascolto. Prima di passare all’analisi musicale è necessario soffermarsi sulle tematiche di questo disco e capirne il significato. Il termine “Sciamano” deriva dal vedico SRAM, che significa scaldarsi da solo e fare austerità e indica un’influenza delle civiltà paleo orientali. Da questa terminologia, prende il nome “sciamanesimo”, inteso come stadio in cui la vita quotidiana è organizzata collettivamente, quindi le “arti” di fare rituali in gruppo come una sorta di famiglia. Si tratta specialmente anche di una sorta di “religione”, ma sarebbe limitativo considerarla solo sotto questo aspetto dato che per alcuni popoli è un vero e proprio stile di vita.
I Caronte aprono questo album, con un sound lento, sacrale e monolitico, con tratti di musicalità contenenti tonalità oscure, claustrofobiche e schizofreniche. Riff corposi in cui si evoca la magia, un esoterismo estremo, che vengono ricamati in ogni brano con un senso logico in modo da non annoiare mai l’ascoltatore. Con la prima traccia “Maa-Kheru’s Rebirth”, si apre un concept legato al culto sciamanico egiziano dei morti. Il termine è coinvolto in antiche credenze egiziane afterlife, secondo il quale le anime defunti dovevano essere giudicate moralmente. Una volta superata la prova l’anima aveva il permesso di entrare nella vita ultraterrena. Una delle tracce importanti resta “Temple Of Eagle” , il Tempio delle Aquile. Per gli sciamani l’aquila è l’animale guida per salire in cielo, tanto è vero che nello sciamanesimo asiatico era simbolo di un dio e gli sciamani, che erano detti “intermediari” erano anche soprannominati “Figli dell’Aquila”. Ed è infatti l’Aquila che trasporta l’anima dello sciamano nella sua fase di iniziazione. Ecco allora fare capolino negli intermezzi musicali, i cori indiani, tramandati da riti voodoo come una sorta di sottofondo continuo, nella recitazione di un rituale ben preciso e antico come il mondo. Il viaggio ancestrale di questo capolavoro del doom, continua incessante, fino a quando le droghe prendono il sopravvento nello sciamano. Negli ultimi tre brani, si racconta di come lo sciamano entra in una sorta di “trance” ed estasi, apre la porta tra la dimensione terrestre e quella celeste. Le sonorità quindi diventano ancora più cupe e schiacciate, grazie alla vocalità che esegue i brani come fossero una nenia e accompagna la parte strumentale in maniera logorroica, ricamandosi anche su orchestrazioni a tratti stoner e in stato di perenne psichedelia.
C’è da dire che la scena doom e stoner in Italia non gode di ottima salute nonostante il proliferare di gruppi comunque interessanti. Tuttavia i CARONTE riescono a produrre un album destinato a brillare per molto tempo nella storia. In questo caso la parte sonora non viene composta a casaccio, come tante volte purtroppo capita di ascoltare, ma è ragionata, voluta in base a tematiche ben precise e ad una scelta stilistica che porta ad una maturità molto più ampia per i Caronte stessi. “Church of Shamanic Goetia” resta un disco meraviglioso, unico, un viaggio ancestrale, mentale fatto di anime e tempi antichi come la storia dell’uomo, resta uno dei migliori dischi doom e stoner usciti quest’anno.