Tornano a farsi vivi gli irlandesi Celtic Legacy dopo il terremoto che ha minato le fondamenta della band, che dopo i buoni Celtic Legacy (1998) e Resurrection (2003) hanno perso in brevissimo tempo cantante, batterista e chitarrista nel 2004.
I nostri non sono più giovanissimi e tornano sul mercato con un album che presenta tante novità, alcune positive altre meno. Sicuramente il maggior punto d’interesse del cd è la parte strumentale, varia e molto ben suonata, che probabilmente non gode della giusta produzione (in qualche occasione la batteria è troppo invadente) ma regala attimi di grande musica, unendo al metal classico di stampo teutonico (Iron Maiden di ottantiana memoria,Helloween del medesimo periodo, Rage, Edguy) inserti più power e speed, e elementi celtici, con le chitarre a regalare assoli di alto profilo, intervallandosi, rincorrendosi e sovrapponendosi in maniera splendida.
Cosa non convince è la voce, troppo monocorde, che ricorda a più tratti Bruce Dickinson, a tratti il suo maideniano alter ego Blaze Bayley, a tratti Kotipelto (non certo per estensione ma per modo di cantare), per una musicalità non sgradevole e assolutamente sufficiente, ma a volte fuori luogo su un simile tappeto strumentale, e soprattutto in determinati tratti troppo statica.
Detto questo, un buon album, che se avesse goduto di una produzione un po’ più invadente e di qualche accorgimento in più presumibilmente avrebbe potuto raggiungere un 4 pieno, visto anche il livello costante che si presenta dall’inizio alla fine dell’album, con “Celtica” (che associa anche tratti prettamente power e celtici) e soprattutto “King of Thieves” a fare da punta di diamante a song comunque senza cadute per un album che mantiene alto il pathos dalla prima all’ultima nota.
Per gli amanti dei primi Maiden e di sonorità metal un po’ retrò ma ben suonate.