CHAOS PLAGUE deriva da un percorso ben preciso dettato dal famoso filosofo tedesco Nietzsche, in cui nulla è per niente casuale e ogni punto concettuale si riferisce ad una forza interiore, incontrollabile, ingestibile e potentissima. Questa energia permette all’uomo di raggiungere lo stato di Ubermensch ovvero “Mordi la testa al serpente e raggiungi il traguardo del divenire…” . Questo concetto porta Nietzsche a pensare nei termini di “superuomo” o “oltre-uomo” quindi, Nietzsche considera tutto il complesso della filosofia occidentale come un tentativo di trovare il rimedio alle paure degli uomini, alla paura della morte, del nulla, del caos, dell’ignoto, l’uomo si trova di fronte per la prima volta alla realtà di un mondo che è puro caos e puro divenire: il superuomo accetta questa evidenza. L’ Ubermensch ha la forza di accettare l’ignoto e l’imprevedibilità senza ricorrere all’apporto dei rimedi consolatori, il superuomo “guarda in faccia” il proprio destino, ama il proprio destino, lo desidera. In seguito possiamo analizzare la parola PLAGUE, che si concentra sull’aspetto della malattia, del morbo che affligge l’intelligenza e riconosce il CHAOS dentro di sé. Veniamo quindi catapultati in un mondo meraviglioso, dove questa possibilità che ci viene data dall’ intelligenza stessa, viene sprecata, maltrattata e deturpata quotidianamente. La teoria del Chaos, la forza interiore che si unisce con quella mentale estrema, fonde una capacità di pensiero ampia, di cui gli aspetti sono riuniti tutto in questo eccezionale promo- concept dei CHAOS PLAGUE. Quando il prog death metal si fonde con alcune caratteristiche concettuali legate alla filosofia di pensiero , la cosa inizia ad intrigare parecchio la mia mente. Non ho mai amato gli album troppo semplici da analizzare e ogni tanto ho bisogno di soffermarmi su qualcosa di molto più complesso, tecnico e sperimentale a patto che si rimanga comunque nelle radici del metal underground.
I CHAOS PLAGUE sono ciò che fanno al caso mio, partendo dal presupposto che nel corso degli anni sono diventata anche piuttosto selettiva e pretenziosa sulle nuove band emergenti, soprattutto quelle che si affacciano al prog un genere controverso e molto ingente per tanti aspetti, è perciò necessario aprire bene la mente su questo curioso gruppo nato nel lontano 2006 in una piccola provincia del comasco.
E’ chiaro fin dal primo brano della demo, che il loro stile richiama quello dei Death di Schuldiner, fino a Malevolent Creation e Pestilence. “Chirality” è appunto la prima traccia e la più lunga. Sette minuti di puro prog unito al death estremo e ragionato su diverse tonalità sia vocali che soprattutto di basso e di chitarra solista. La personalità vocale del cantante risulta essere quindi multi sfaccettata ad intonazione perfetta e da brividi, sia in scream/growl che alternandosi al pulito, esalta comunque l’intero brano anche con l’inserimento di intermezzi musicali gestiti tra batterista, chitarre e basso ben congeniati tra loro. “In death we trust” è il secondo pezzo, a mio avviso, rimane il più violento e più estremo che funge da breve parentesi tra la prima e la terza traccia. Il brano è senza dubbio il più tecnico in assoluto. Il bassista finalmente svela il suo virtuosismo ricamandosi sempre insieme ai chitarristi, fino ad arrivare al terzo brano. A chiudere il demo ci pensano i cinque minuti e passa di “Sinner’s Regret” brano carico e ricco di pathos dell’intero promo. Fantastici i riff sullo stile jazz che ricordano le sonorità contenute nei brani di band come Cynic e i celeberrimi Martyr, fino alla contaminazione vera e propria dello stile prog degli Opeth e dei Control Denioed, ma soprattutto da brivido sono i tratti di voce pulita al terzo minuto e trenta secondi di canzone in cui il cantante ‘gioca’ con il bassista creando uno stile unico e un modo nuovo di fare prog insieme al death.
I Chaos Plague restano, a mio avviso, una delle band emergenti dedite a questo stile, migliori in assoluto, sia per originalità, sia per la testualità concettuale. Il modo che hanno di comporre i loro brani unendo la filosofia di pensiero con la musica è senza dubbio un’arma molto potente, che ha innescato in me un forte interesse a non perderli di vista e quindi a tenerli d’occhio nelle loro evoluzioni prossime.