Accidenti! Da dove cominciare?! Iniziamo a parlare dei Cirith Ungol, band che, come tante altre, probabilmente non ha raccolto quanto avrebbe meritato. Il gruppo è attivo addirittura da fine anni ’60, sotto, il monicker Titanic, che verrà cambiato poi nei primi anni ’70 in Cirith Ungol (nome preso in prestito dalla mitologia tolkieniana).
I Cirith Ungol sono tra i primi gruppi ad essere identificati come ‘epic metal’, nell’accezione tipicamente americana di questa corrente. Benché gli esordi (dei primi anni ’80) presentino elementi legati in qualche modo a sonorità tra l’hard rock e il folk, i nostri si lasciano contaminare dalla NWOBHM dando origine a quel filone epico e battagliero tipico di (alcune) band statunitensi.
“One Foot In Hell” (pubblicato nel 1986) è il terzo, nonché penultimo disco della loro carriera ed proprio in questo album che i Cirith Ungol sfoderano più che mai la loro faccia tipicamente metallica. Brani come l’opener Blood & Iron o War Eternal non lasciano dubbi: un incedere agguerrito e la voce barbara e sguaiata del cantante Tim Baker, ci guidano lungo i sentieri di battaglia, mentre il chitarrista Jerry Fogle alterna ritmiche cadenzate e metalliche, ad assolo epici e ricchi di pathos.
Un’aura maligna e oscura investe Chaos Descends che assume i tratti di una cavalcata grazie ad una ritmica incalzante e al solito ottimo lavoro di Fogle.
Nadsokor (coverizzato anche dai nostrani DoomSword) è probabilmente il mio pezzo preferito del disco: si apre con una ritmica selvaggia, a tratti tribale, per poi trasformarsi in un vero inno di guerra che esplode nel ritornello grazie alla voce animalesca di Baker. Incredibile l’assolo di Fogle che trasuda epicità e una malinconica passione! Da pelle d’oca!
Sangue, battaglie, ferro e fuoco. Questo troverete in “One Foot In Hell”. Se ancora non conoscete i Cirith Ungol e avete voglia di immergervi dritti in un oscuro campo di battaglia, contornato di spade e resti dei nemici sconfitti, allora provate questo disco. Inutile dirlo, un classico!