Seconda uscita per i Crowned in Earth. Se già la copertina a primo impatto ci fa ricordare atmosfere lontane, nostalgiche , particolari e così pittoresche di un certo tipo di prog, aprendo l’interno del booklet ci catapultiamo improvvisamente in scenari alla Black Sabbath, rievocando decisamente il primo ed omonimo album del gruppo, come pure nella back cover . L’artwork di A Vortex of Earthly Chimes rispecchia esattamente l’album in questione e credo sia stato proprio questo l’intento del gruppo: estetica che richiami al genere, anzi alle influenze ed agli stili di cui si occupano e di cui sono reali ereditieri relativamente a questo lavoro. Periodi molto lunghi compongono questo splendido album dalle note calcanti un’onda altalenante tra doom, hard rock , rock prog e dark prog, insomma come avrete capito dalla mia descrizione siamo in piena atmosfera Sabbathiana (tra l’altro quella del miglior periodo con Ozzy). Ma non solo loro, troviamo cavalcate hard rock accompagnate da una splendida e capace chitarra, in grado davvero di trasportarci e farci rivivere un epoca ormai lontana che stacca dalla parte più funerea. Niente è stato reso moderno o trasportato nei nostri tempi, nulla di tutto ciò e credo che questa sia la vera riuscita dell’album. La presenza delle tastiere e del Mellotron ci fanno ricordare gli Iron Butterfly piuttosto che i Black Widow. Ed a proposito di Black Widow , la casa discografica che non sbaglia mai un colpo, direi proprio che neanche stavolta ha sbagliato ed è riuscita a far emergere qualcosa che si avvicinasse il più possibile ad un passato che ormai è difficile da far ritornare, almeno musicalmente.
Cosa poter dire di questo album? Un sogno dai toni ora più oscuri e funerei, ora più colorati e psichedelici. Il gruppo riesce a dare il meglio di se nei pezzi più lunghi, dove si diverte a sbizzarrirsi con la propria capacità compositiva ed artistica. Un vero e proprio gioiellino per gli appassionati del genere dark prog, da ascoltare ed apprezzare. Non ci sono troppi difetti; solo in alcuni tratti Lawry fa fatica all’aggancio e per quanto mi riguarda è più adatto ad un prog che ad un doom, ma nonostante ciò e nel complesso, il disco ha doti davvero notevoli. Pezzi migliori : “Watch the Waves”con una grande capacità nel saperci davvero trasportare davanti ad un mare in pieno inverno, dove raggi di sole si mischiano alle nuvole più oscure, per farci calare nella magia e nell’estasi più profonda di un tramonto lontano. Delle track più brevi, anche se con effetto un po’ mozzato (credo tuttavia sia un effetto illusorio normale data l’abitudine alla lunghezza delle altre) preferisco Winter Slumber, cadenzata ed ipnotica dove Lawry come un cavaliere medioevale ed oscuro, narra di un paesaggio invernale che pian piano si impossessa di lui attraverso riff rocciosi e tastiere accennate come stacco, giusto per non farci dimenticare il tocco prog. Io ho citato le mie preferite, ma tutte sono davvero meritevoli di ascolto. Fluidità contrapposta ad una eterogeneità di stili, fanno risultare questo gioiellino d’altri tempi un must per gli appassionati del genere. Io appartengo a quella categoria di appassionati ed assicuro che mentre lo ascoltavo ero felice ed entusiasta come se fossi tornata adolescente.