Un buon esordio per i milanesi Cult Of Shadows. Un demo, “From Maelstrom” che mette in luce una grande voglia di evadere dai soliti clichè del genere introducendo parti elettroniche e ritmiche non standard. Rimangono purtroppo alcune parti un po’ ripetitive, soprattutto nel cantato, piu’ appartenente ad un black tradizionale e meno sperimentale rispetto al contesto generale. Il sound del gruppo è molto cupo e claustrofobico, grazie anche alle tastiere di Lestat, che ha esclusivamente il compito di creare tappeti sonori senza invadere lo sviluppo delle canzoni. Le chitarre sono molto semplici e dal sound poco aggressivo, ma bisogna riconoscere il merito di suonare riff coinvolgenti, perfettamente legati alla batteria di Lofoden. Di norma tre brani non sono moltissimi per esprimere un giudizio definitivo, ma grazie alla consistente durata di ognuno di questi, si possono valutare le ottime capacità di questo gruppo che sa spaziare benissimo attraverso vari generi come il prog e il death e che alla fine ha composto un album molto emozionale, senza parti velocissime, sperimentando alla grande (geniale l’uso di canti gregoriani nella conclusiva “The Emerald Vessel of Lethe”) ottenedo una atmosfera maligna e oscura, pervasa da un costante senso di inquietudine. Tutto cio’ e un buon segno di una grande lavoro al fine di cercare una propria sonorità per poter emergere dall’immenso calderone dell’underground. Bravi.