Dopo quattro anni di attesa, ecco la nuova prova del gruppo svedese che per eccellenza ha coniato un certo tipo di black metal: i Dark Funeral.
Il loro stile viene portato avanti, quello da cui è nato il classico swedish style, il black dalle tinte sulfuree, dove la parola chiave è satanismo, il cui spirito viene forgiato passo dopo passo da marce che seguono tempi velocissimi e da chitarre che parlano la lingua dell’inferno. Rispetto al passato sembra evidente come sia cambiata l’importanza affidata ai vari elementi, soprattutto nella produzione scelta: qua sono le pelli ad emergere, con la loro ferocia, retta dalla bravura dell’alieno Matte Modin, la cui velocità e precisione lascia a bocca aperta, ma ha l’effetto collaterale di far sbiadire quella caratteristica che rendeva i Dark Funeral così particolari e unici. L’atmosfera sulfurea, pungente, maligna affidata alle chitarre appare annacquata, l’impressione maggiore è che il riffing si appoggi troppo ai risultati passati, dimostrandosi stanco in molti episodi (dalla seconda “666 Voices Inside”, con quel fastidioso alone di già sentito, per arrivare, attraverso tappe più o meno buone, ad un finale senza mordente).
Sia chiaro, si tratta dei Dark Funeral e non si possono tenere dei parametri di giudizio standard. Parlando del gruppo capitanato dallo storico Lord Ahriman e dal carismatico Emperor Magus Caligula, si tiene inevitabilmente conto delle prove lasciate nella (seppur esigua) discografia (a partire da quel indimenticabile e irraggiungibile primo macigno che venne piantato –The Secrets Of The Black Art-). Se il gruppo in questione non avesse l’importanza che detengono i Dark Funeral potremmo benissimo metterci il cuore in pace di fronte a brani come l’opener o la titletrack che seguono la più alta tradizione black metal, calcando i tipici passi della scena svedese. Peccato che di fronte a loro, sentire dei cali di tono così vistosi, soprattutto nelle parti lente, dove il gruppo non sembra spiccare gran che, faccia prevedere il peggio anche per questa band.
L’unico elemento che appare ancora più demoniaco è la voce di Caligula, un latrato che ad ogni tappa si fa più sprezzante, come se l’esperienza infernale lo plasmasse in sembianti di volta in volta più mostruosi.
“Attera Totus Sanctus”, che sia giunto anche per i Dark Funeral il tempo di un’inevitabile discesa?