Giungono al debutto discografico gli olandesi Delphian, combo capitanato dall’affascinante Aniek Janssen e che vanta nelle proprie file membri del progetto Sun Caged, prodotto dal geniale Arjen Lucassen degli Ayreon. Un bel bigliettino da visita che, però, non rispecchia il valore reale di questo primo e piuttosto deludente “Oracle”: a partire dagli stessi suoni o dal poco incisivo songwriting presentato, questo lavoro ha il solo pregio di distaccarsi nettamente dalla fiumana di band gothic provenienti dalle lande olandesi. Va riconosciuta infatti, ai Delphian, una certa originalità di fondo nel proprio modo di approcciarsi alla composizione, sempre a metà strada tra gothic, progressive e metal classico. Una mescolanza di stili e punti vista sicuramente piacevole, resa particolarmente appetibile da quell’alone di oscurità e di pacatezza (nei ritmi e nei tempi) che, alla lunga, caratterizza l’intero platter.
“Oracle”, dunque, è un disco che si trascina stancamente per tutti i suoi cinquantacinque minuti di durata, colpevolmente affossato da composizioni scialbe e prive di mordente. Alcuni spunti degni di nota si hanno in quei brani in cui i Delphian sperimentano soluzioni più veloci e dinamiche (“On Sale” e “Salvation”, per intenderci) ma, per il resto, si viaggia piuttosto blandamente tra episodi soporiferi ed altri assolutamente anonimi. Non una sola perla in questo lavoro (anche se “Never Willing, Still Fulfilling” aveva delle ottime potenzialità), non un solo accenno ad un genio creativo che, almeno per il momento, sembra latitare palesemente.
Tecnicamente la band dimostra di possedere tutte le carte in regola per non sfigurare dinanzi ai nomi più blasonati della scena, dimostrando delle discrete abilità esecutive ed un buon gusto per gli arrangiamenti. La voce di Aniek, sebbene viaggi sui soliti clichè legati alla lirica, risulta piacevole ed abbastanza personale, sicuramente un punto da cui partire per sviluppare future produzioni.
In linea di massima, dunque, un lavoro su cui pesano, gravemente, le pecche di una produzione decisamente piatta e poco ficcante e, soprattutto, l’anonimo e quanto mai noioso songwriting partorito dagli olandesi in fase di composizione.