Seconda uscita discografica per gli italianissimi Disarmonia Mundi, dopo il discreto successo riscosso con l’esordio “Nebularium”. Tornano in scena con un album in cui il loro stile viene letteralmente stravolto per abbracciare lidi decisamente più thrash-death metal-oriented. Vi è anche una grossa sorpresa nella line up del combo di casa nostra: il vecchio singer Benny Bianco Chinto viene sostituito da un illustre nome del genere, “un tale” Bjorn “Speed” Strid, mente dei Soilwork nonché vocalist dei Terror 2000… Forse la “colpa” che i Disarmonia Mundi siano praticamente diventati i perfetti cloni in versione tricolore degli svedesi è attribuibile proprio a lui? Chissà…
Sì, perché questo “Fragments Of D-Generation” sembra un ideale connubio tra “A Predator’s Portrait” e “Figure Number Five” con sottilissimi sprazzi del capolavoro di “The Chainheart Machine” dei Soilwork sopraccitati. Non solo, nel platter in questione si riscontrano influenze di ampia parte del panorama death/thrash melodico scandinavo: qualcosa dei penultimi In Flames (vedi “Clayman”, “Reroute To Remain” e “Soundtrack To Your Escape”), i Terror 2000 di “Slaugherhouse Supremacy”, Darkane e ultimi Carnal Forge. Risultato? Un’ode alla Svezia in tutte le proprie sfaccettature del genere!
Peccato, perché l’opera in questione è sicuramente di ottima fattura: produzione spaventosa e masterizzazione negli illustri Mastering Room Studios, il che è tutto dire. Songwriting assolutamente al di sopra della media e lodevoli le performance degli strumentisti, soprattutto del mastermind Ettore Rigotti, oltre alla superba prova canora di Bjorn Strid, forse anche migliore rispetto alle più recenti uscite discografiche targate Soilwork.
Da segnalare sicuramente gli interessanti inserimenti elettronici, che comunque restano collocati entro certi canoni, senza mai rendersi eccessivi, così pure l’uso azzeccato delle tastiere nel contesto che vanno a completare il muro sonoro compatto delle chitarre e della batteria. Songs che mi sono particolarmente piaciute sono la svedesissima “Morgue Of Centuries”, che un po’ ricorda gli In Flames di “Reroute To Remain”, “Soundtrack To Your Escape” e la seguente “Red Clouds”, forse la più melodica dell’album, presentata da un soffuso intro elettronico.
In conclusione un disco di davvero buona realizzazione che però perde in originalità, pregio in sostanza inesistente. Se siete amanti di tal genere di sonorità, “Fragments Of D-Generation” di sicuro non vi deluderà, ma rischia purtroppo di farsi etichettare come un ”cd come tanti”, che già senza dubbio possederete nel vostro scaffale.
A voi la scelta…