Correva l’anno 1989, ero una pistolina di 7 anni, e non esisteva pomeriggio che io e la mia Chiara non trascorressimo inebetite davanti a MTV, quando ancora il logo televisivo era composto da una M gigante verde acida, e TV scritto in rosso, sovrapposto. Quella carrellata di improbabili capelloni avviluppati in fuseaux strizzapacco esercitava su di noi un potere inconcepibile, e meno male che mia sorella era più grande di me! Laura: “Iaia, quando sarò grande voglio essere bella come quella lì“, Chiara: “Uaua, quella lì è Michael Monroe, è un uomo, ed è il cantante degli Hanoi Rocks“. Quel pomeriggio il mio animo sleaze glemmettuso ferito decise che dovevo orientarmi verso qualcosa di più cattivo, di più hard, più heavy. Acchiappo il barattolo, dù fette biscottate, dù cazzuolate di marmellata ai mirtilli, una pemmè, una pella mia Chiara, ma nel passargliela finisce per terra. Ero stata rapita. Non dall’anonima sequestri, che ai tempi aveva il suo bel da fare con Farouk Kassam. Ma dal video che stava passando sullo schermo. 5 pennate di chitarra, ripetute per 4 volte, e degli strani personaggi incazzusi in un cartone animato senza senso ma affascinantissimo! Per fortuna che stavamo videoregistrando, così avrei potuto riguardarmelo. Correvano in macchina, suonavano strumenti, il basso diventava uno squalo dai denti aguzzissimi, e la chitarra a un certo punto si tramutava in una donna nuda, che faceva sparire tra le sue tette la faccia di uno dei personaggi, e poi iniziava a spruzzare proiettili di latte!!! Ero sconvolta. Ma quella musica era il sound che stavo cercando!!!
“Yeah, you can tell by the smell
So close you can hear them yell
They throw the best damn parties at the rim of hell
Oh lord let me live to tell
They throw the best damn parties at the rim of hell”.
Qualche anno in avanti, scopro che la band in questione aveva avuto dei grossi problemi con la Walt Disney: Stig era sì convinto che il nick della loro band, Disneyland After Dark, riflettesse appieno il loro stile, ma il colosso dei cartoni animati, avendoci visto una violazione di diritti di proprietà intellettuale nonchè concorrenza sleale, aveva deciso di tirare loro un culo così se avessero mantenuto quel nome. E fu così che la scelta ricadde su D-A-D. La vertenza giunse a una bonaria conclusione, e tutti vissero felici e contenti, chi coi suoi cartoni, chi con massive legnate di hard n’ heavy targato DK. Li ho sempre seguiti, sempre ammirati, ma mai visti live. Così, quando ho saputo che sarebbero venuti a Romagnano Sesia, altro che gli occhioni del Gatto con gli Stivali!!!
Headliners nel contesto del Glamattak 2012, i D-A-D si sono esibiti con i seguenti gruppi: apertura dell’evento Waste Pipes, seguiti dagli H.A.R.E.M. e dagli Hollywood Killerz.
Waste Pipes: possente hard rock con notevole imprinting blues, dalla ruffianaggine costante e dalla costante determinazione. Calcano i palchi da quasi una decina d’anni e nel territorio Piedmunteiss sono conosciuti non meno di altre band dai nomi ben più blasonati. Magari un pò meno immagine, ma senz’altro più sostanza. Ascolto con attenzione, piazzata al centro della platea, e nonostante a tratti mi sembra di ascoltare passaggi e stacchi un pò tipici se non addirittura triti e ritriti per il genere d’appartenenza, la gambetta di tanto in tanto comincia a muoversi spontaneamente a ritmo. Eseguono i seguenti brani:
if you don’t pay the price
losers
make a move
not enough
the deal
unknown.
H.A.R.E.M. : bravi eh, si vede che suonano da ‘na vita, presenza scenica più che ottima, supportata anche dalla presenza alla voce dell’ex tastierista dei DEATH SS, ma qui la sostanza a mio avviso viene un pò meno. Sezione ritmica rocciosa, ma la sensazione che… ehm… mancasse qualcosa??? Non conoscendo alcuni pezzi, e volendo comunque compilare un live report dettagliato, una volta terminata la performance, chiedo ad uno di loro la scaletta, che mi risponde “si si aspetta un momento”. Ebbene, la sto ancora aspettando.
Hollywood Killerz: regà, sono nata e cresciuta a Milano. Mi sono trasferita qui a Torino a fine 2007. Non me ne vogliano i ragazzi del gruppo, ma non ne sono in grado, proprio no, non li reggo. Uno zibaldone di ingredienti che presi singolarmente possono essere interessanti, ma tutti insieme mi risultano indigesti. Chapeau per la cura dell’immagine, per l’esperienza che trasudano e per il fatto di essere i papà del Glamattak. Ma dopo un paio di canzoni sono andata a fare quattro chiacchiere con il mio caro rhum al cocco, dove per chiacchiere intendo bicchieri. Anyway, qui di seguito la HK setlist:
700.000
tied to please me
grey celebrations
still intoxicated
girls are dead
distorted emotions
going down
teenager meltdown
suburban babe
by my side
I wanna be loved
lovecrash.
Set change nè lungo nè corto – benedetti i bassi di Stig! – diciamo quel tanto da farmi schizzare nervosamente da una parte all’altra della platea alla ricerca della posizione ottimale per l’ascolto e per gli scatti. Alla fine me ne batto, e confidando nell’ottimo lavoro svolto dai fonici fino a quel momento, ma più che altro dando ascolto al mio animo maranza, faccio la figa con la reflex in mano e mi apro il varco verso il palco :-P
E per ricollegarmi allo scenario casalingo all’inizio di questo report, vedere i D-A-D live era uno dei miei sogni di sempre, che stava per tramutarsi in realtà!!! Mamma quanto son cambiati nel corso degli anni: capelli più corti, la panzetta di Jesper, e il tempo con i suoi ineluttabili segni. Ancora pochi attimi, e avrei confutato anche l’aspetto musicale.
Ore 23:00 circa. Eccoli sul palco! Mi bastano poche note di A New Age Moving In, tratto dal loro ultimo album, per avere quella sensazione di pura autenticità che da tanto tempo non avvertivo a un concerto. Chiudo gli occhi, e sono sul tappeto del salotto con la mia Chiara, pugno verso l’alto a fare headbanging, inzaccherandoci i capelli di marmellata ai mirtilli, dimentiche della merenda che tenevamo in mano. Segue Jihad, classicone da No Fuel Left for the Pilgrims, e sono sempre lì sul tappeto dei ricordi, e proprio quando arrivava la mamma in salotto, ecco che la canzone si interrompe. Abbandono la dimensione onirica e torno sulla terra, e di fianco a me un ciccione del cazzo con un bicchiere di whisky in mano se la dà a gambe, come mai? Forse che, lordo a livelli xilometrali, abbia versato il distillato sull’impianto, provocando un corto? Ma pork… . Ecco un altro pezzo del loro ultimo album, The End, Everything Glows dall’omonimo album, Point Of View e Girl Nation da No Fuel Left for the Pilgrims, Monster Phylosophy dall’omonimo album, Reconstrucdead da Helpyourselfish, Ridin’ with Sue da Call of The Wild, Last time in Neverland dall’ultimo, Grow or Pay da Riskin’ it All, We All fall Down e I want what she’s got sempre dall’ultimo
e riarrangiata sul momento in I want what Laus’s got, omaggiando il batterista, Bad Craziness da Riskin’ it All, Money always takes the place of Life da Monster Philosophy, Sleepin’ my day Away, celeberrimo pezzo della loro discografia, dall’amatissimo No Fuel Left for the Pilgrims.
Setlist mozzafiato, una perfetta commistione tra novità e storia, priva di salti logici e segno di una continuita artistica che non è stata minimamente intaccata nel corso degli anni. Su gli scudi per la chitarra di Jacob che, vestito da Leprecauno, ha saputo disegnare arcobaleni melodici conducendoci fin ai piedi delle relative pentole d’oro. Carismatico Jesper (e simpaticissimo nel suo improvvisare parole in italiano, come la gettonatissima EXPERIMENTA), che da alcuni video visionati su youtube pareva aver perso almeno un’ottava per strada. Zamauro come pochi Stig, padre di questa band di pazzoidi e ideatore di bassi che farebbero impallidire persino Gene Simmons, eclettico ed estremamente preciso Laus, che non ne ha sbagliata manco una, nemmeno quando Stig gli si è piantato in piedi sulla grancassa manco fosse un lemure di Madagascar.
Fuori fa freddo, qualche chiacchiera fuggevole, frizzi, lazzi, cazzi e mazzi. Rivolgo un saluto a tutti gli amici presenti, e me ne torno a casa.
Che dire. Uno dei live più emozionanti a cui io abbia mai assistito. Per tutta una serie di motivi, sia musicali, che artistici e persino personali.
E lo voglio dedicare alla mia Chiara.
Alla prossima!
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