“Lounčeni se svĕtem pozemským” esce nel 2002 ed è il terzo album dei Dissolving Of Prodigy, gruppo proveniente dalla Repubblica Ceca, prodotto dalla Crystal Production, etichetta che lo presenta ora in Italia e che sembra puntare molto su band del proprio paese vicine a strade doom metal. I Dissolving Of Prodigy, a differenza di altri connazionali quali gli Euthanasia, mirano con maggior sicurezza a questo genere specifico, senza far penetrare troppe infiltrazioni nella propria musica, ma prendendo come target più importante la lentezza e melodia del doom di stampo gotico, impreziosito ogni tanto con decorazioni dark. Se la base principale di questo album si individua in un certo stile My Dying Bride, purtroppo questa linea viene presto sgualcita da una voce maschile che non sempre mostra un timbro particolarmente suggestivo o incantatore, ma anzi si dimostra nelle note più sofferte, un tuono troppo fragoroso e roco, anche per le note pesanti che animano questo lavoro. La presa è resa ancora più ostica dal cantato in lingua madre, il ceco, che sicuramente in altre soluzioni avrà una sua carica ipnotica e molto espressiva, ma che usato in tale maniera finisce per distruggere gli accenti di lirismo che questa musica cercava di modellare attraverso la composizione strumentale. Canzoni come “Mohylové hroby”, o la successiva “Rujana”, pur non essendo dei capolavori, sono comunque dei validi esercizi di doom metal, con una struttura molto salda, cori nostalgici che vengono di tanto in tanto scossi da partiture dal sapore folk, e su tutto un’atmosfera sempre patinata che mantiene grigia tutta la sinfonia cantata. Anche l’artwork, rispetto ad altri gruppi prodotti dalla stessa Crystal Production, sembra innalzarsi leggermente. Sempre dominato da un certo gusto eclettico e confuso, almeno dimostra interessi rivolti alla tradizione storica, sciamanica, antica delle proprie terre e non si perde in abusi coloristici. Peccato, perchè se la voce maschile fosse accettabile i brani dei Dissolving Of Prodigy potrebbero suscitare tutt’altre emozioni, viste le note delicatissime che danno fuoco al ritmo interiore di questi pezzi. Una dimostrazione di ciò è “Pocta Moranĕ”, dove compare come guest la voce femminile ed angelica di Johanka Teryngerova, un vero toccasana per melodie così riposanti.
Un lavoro carino e rilassante per conoscere una realtà di una scena metal straniera, ma sinceramente, niente di speciale.